Cultura & Spettacolo

Dolce & Gabbana al Foro Romano: economia vs ideologia

L’Alta Sartoria maschile protagonista su Ponte Sant’Angelo, con Castel Sant’Angelo e le statue berniniane come sfondo

di Anna Tortora -


La recente sfilata di Dolce & Gabbana ha acceso i riflettori sulla capitale, trasformando la storica Via Sacra, nel cuore del Foro Romano, in una passerella d’Alta Moda. Oltre 400 ospiti da tutto il mondo hanno ammirato bustier dorati, drappeggi scultorei e lavorazioni artigianali che richiamano la Roma antica e il cinema degli anni ’50. La giornata successiva, l’Alta Sartoria maschile è stata protagonista sul Ponte Sant’Angelo, con Castel Sant’Angelo e le statue berniniane come sfondo suggestivo.

Non sono mancati i commenti critici: lo storico dell’arte Tomaso Montanari ha definito l’evento una “privatizzazione simbolica” di Roma, una città “presa in giro” da passerelle che privilegiano i ricchi, a discapito della collettività. Questa critica, che si ripete a ogni grande evento di lusso nella capitale, ha rilanciato il dibattito su come usare spazi pubblici così carichi di storia.

Tuttavia, guardando oltre le polemiche ideologiche, la sfilata Dolce & Gabbana 2025 ha generato un impatto concreto sull’economia locale. Hotel pieni, ristoranti affollati, taxi e mezzi pubblici in piena attività: l’evento ha portato lavoro a centinaia di persone, da sarte e truccatori a tecnici e artigiani, passando per camerieri e negozianti. È un indotto che, soprattutto in un momento economico difficile, offre una boccata d’ossigeno a settori che vivono di turismo e moda.

Moda e lavoro: un legame indissolubile per Dolce & Gabbana

Spesso si dimentica che dietro un abito da passerella c’è un’intera filiera fatta di competenze artigiane e lavoratori specializzati. La moda è molto più di un lusso per pochi: è un comparto produttivo che muove milioni di euro e mantiene migliaia di posti di lavoro. Roma, con la sua storia e il suo fascino, si presta perfettamente a fare da scenario a eventi internazionali, che contribuiscono anche alla sua promozione nel mondo.

Piuttosto che demonizzare queste iniziative, la sfida è saperle integrare in un progetto più ampio che favorisca la redistribuzione dei benefici economici e culturali. La città ha bisogno di lavoro e sviluppo, non di chiusure ideologiche che rischiano solo di rallentare un motore importante per l’economia romana.

In definitiva, chi vive quotidianamente Roma – i baristi, le commesse, gli artigiani e gli operatori turistici – è il vero termometro dell’impatto di questi eventi. E mentre i salotti radical chic si dividono tra critiche, chi lavora e guadagna da questi momenti, ringrazia.


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