Attualità

LIBERALMENTE CORRETTO – La soddisfazione dell’utente

di Michele Gelardi -


Lo Stato italiano non ha mai preteso che i funzionari pubblici orientassero il proprio comportamento alla “soddisfazione dell’utente”. Da sempre è stato benevolmente tollerato un “orientamento” pur che sia, anche del tutto incompatibile con la soddisfazione dell’utente. Anzi l’orientamento all’insoddisfazione è stato, per certi versi, incentivato, sulla base di due postulati: il carattere autoritativo della pubblica amministrazione; il sospetto generalizzato.

Dalle nostre parti, l’attività pubblica non è intesa come servizio al cittadino, bensì come comando; cosicché il volto amichevole e “servizievole” è stato bandito, giacché quello burbero e tracotante si addice meglio alla logica del comando. D’altra parte, un funzionario benevolo e accondiscendente desta molti più sospetti di corruttela, che non l’inflessibile esperto di rifiuti o l’ignavo dispensatore di rinvii. Perfino il vero corrotto, il quale intende lucrare sull’atto amministrativo, deve apparire inflessibile, ossia non disponibile a “soddisfare” la generalità degli utenti, per avere via libera a soddisfarne uno in particolare, magari alzando il prezzo della “soddisfazione”.

Ma finalmente il DPR del 13 giugno 2023 n. 81 ha modificato il codice di comportamento dei dipendenti pubblici, obbligandoli a “orientare il proprio comportamento alla soddisfazione dell’utente”. I “disorientati” di un tempo oggi sono finalmente ben orientati. E tra questi spiccano i docenti scolastici, sui quali grava già da tempo l’incombenza del registro elettronico, che li sottopone al controllo di una moltitudine di occhiuti vigilanti. Ipso facto costoro sono sottoposti al novello “controllo di orientamento”, diversamente dagli altri dipendenti pubblici che non hanno alcun obbligo di rendiconto. Osiamo dubitare, tuttavia, che la scuola sia il settore più adatto per cogliere i frutti della “svolta epocale”.

Se la scuola è un’istituzione educativa, non ha senso parlare, né di “soddisfazione”, né di “utente”. La prima è configurabile solo come risultato effimero e immediato, che va in contrasto con il vero risultato educativo di lungo termine. Il lavoro del docente è realmente “satisfattivo”, se il discente acquisisce scienza, equilibrio caratteriale e virtù civiche che lo guideranno nel corso della vita. Ebbene questi doni dell’educazione scolastica si manifestano nel tempo, sono difficilmente commensurabili e sfuggono al controllo del “registro”. Solo il discente che si dispone al “sacrificio” potrà acquisire questi doni; ma ovviamente il duro impegno si pone in contrasto con la facile conquista, che dà soddisfazione immediata. Ne deriva che il discente immediatamente soddisfatto è anche quello meno realmente beneficiato dall’attività del docente. Soddisfazione immediata e durevole beneficio educativo si pongono in contrasto.

LIBERALMENTE CORRETTO – Il suicidio della scuola italiana

Ma poiché la burocrazia ministeriale può controllare solo il risultato immediatamente visibile, in termini di promozione, è evidente che si chiede al docente di orientarsi verso una sola meta: promuovere tutti gli studenti, qualificati erroneamente (in burocratese) come “utenti”. Il rapporto di utenza non è configurabile in ambito scolastico. La prima ragione risiede nella presenza dell’affectio personale. La parola “utenza” si addice ai rapporti impersonali e protocollari, legati a un servizio standardizzato. Ben poco si addice al rapporto educativo, tanto che non chiameremo “utente” il figlio e non chiameremo “fornitore” (di utenza) il genitore. La seconda risiede nello squilibrio “contrattuale”. Nel rapporto di utenza, lo scambio è paritario e reciproco: è concepibile – almeno in astratto – una sorta di sinallagma contrattuale, quand’anche il servizio sia erogato dalla mano pubblica. Al contrario, nel rapporto educativo, mentre una parte dà, in ragione della sua autorevolezza, una parte riceve. La traslazione è unilaterale. Ciò premesso, si capisce che la scuola italiana è avviata al suicidio. Il docente perde la sua autorevolezza, subordinando l’insegnamento all’effimero gradimento del supposto ”utente”; con ciò viene meno la ragione fondante dell’istituzione scolastica. Inutile aggiungere che, in tutte le altre branche della pubblica amministrazione, dove avrebbe ragion d’essere, la soddisfazione dell’utente è una chimera, che conta solo sulla carta, in mancanza di qualsivoglia “controllo di orientamento”.


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