Garlasco, l’impronta 33 intrisa di sangue è di Andrea Sempio
È intrisa di sangue e sudore ed è di Andrea Sempio l’impronta vicino al cadavere di Chiara Poggi: queste le conclusioni sull’impronta 33 contenute nella consulenza della difesa di Alberto Stasi, il condannato in via definitiva per il delitto di Garlasco avvenuto il 13 agosto 2007. Conclusioni che non solo confermano quelle dei consulenti della Procura di Pavia, quella relazione firmata dal tenente colonnello del Ris di Roma Gianpaolo Iuliano e dall’esperto Nicola Caprioli in cui sono attribuite al nuovi indagato nell’inchiesta per l’omicidio di Chiara 15 minuzie della traccia lasciata sulle scale della cantina dove il corpo della vittima è stato gettato.
Ma rafforzano l’ipotesi, grazie a una serie di esperimenti che indicherebbero che la palmare destra non sia una traccia latente bensì contestuale al momento del delitto, perché contenente materiale ematico e sudore. Secondo gli esperti della difesa di Stasi, Oscar Ghizzoni, Pasquale Linarello e Ugo Ricci, l’impronta 33 è infatti un contatto palmare intenso non compatibile con una normale discesa per le scale. Non si tratta di un’impronta occasionale, si legge nella consulenza depositata in queste ore, ma il segno di chi appoggia tutto il proprio peso sul muro.
I risultati, l’impronta 33 e le perizie
Insomma, un risultato che rafforza l’ipotesi, che gli inquirenti stanno perfezionando anche alla luce della nuova Bpa del Ris di Cagliari sulla ricostruzione della dinamica del delitto in relazione alla traiettoria delle tracce di sangue, che Sempio potrebbe aver impresso l’impronta della sua mano destra con un’azione innaturale, probabilmente dopo aver perso l’equilibrio mentre il corpo di Chiara veniva gettato sulle scale, subito dopo il delitto.
D’altronde, per l’accusa, Sempio si trovava sulla scena del crimine, dove la vittima sarebbe stata uccisa da almeno due persone. Non per nulla l’amico di Marco Poggi è indagato per omicidio in concorso con altri soggetti, sui quali è caccia aperto, dopo che dal tampone orale è spuntato il Dna di Ignoto 3, che si aggiunge a un Ignoto 2 sulle unghie della vittima, sulle quali c’è anche l’Ignoto 1 che, per la Procura, sarebbe il codice genetico di Sempio. Il quale ha lasciato sulle scale l’impronta 33, su cui il pool di magistrati e la difesa di Stasi convergono. I consulenti del condannato, nelle scorse settimane, hanno effettuato una serie di prove sperimentali su un muro, dove sono state impresse le impronte con una mano imbrattata da diverse sostanze.
È così che sono giunti alla conclusione che per ottenere un’immagine simile a quella della impronta 33, dopo essere stata trattata con la ninidrina, è necessario “un contatto palmare intenso, certamente non superficiale/sfuggevole/strisciato”. Dunque quella traccia palmare “non risulta compatibile con una normale discesa per le scale”, ma “può essere stata lasciata sporgendosi dalla soglia (gradino zero) della scala che conduce alla cantina, atteso che è la posizione più naturale per esercitare la pressione riscontrata”, si legge nella consulenza. La notizia della relazione che “inchioda Sempio” ha suscitato la netta reazione della difesa dell’indagato, che aveva già depositato la consulenza di parte, firmata dall’ex generale Luciano Garofano e dal dattiloscopista Luigi Bisogno, arrivati a sostenere che l’impronta non potrebbe essere attribuita a Sempio perché non ci sarebbero il numero minimo per la comparazione e che addirittura gli esperti della Procura avrebbero scambiato i segni del muro per minuzie.
“Siamo giunti a conoscenza del deposito della consulenza da parte della difesa Stasi, ancora una volta dai media. Nessun timore, è una consulenza di parte che ha il medesimo valore della nostra stessa consulenza”, ha detto l’avvocato Angela Taccia, che con il collega Massimo Lovati difende Sempio. “Niente è stato accertato. Siamo fiduciosi che la verità su Andrea Sempio verrà a galla, prima o poi”, ha aggiunto. Sulle conclusioni sull’impronta 33 la difesa di Sempio converge con gli esperti della famiglia Poggi, anche loro convinti che non ci sia il numero minimo di minuzie per l’attribuzione. Nonostante tutto l’avvocato Taccia, nell’ultima udienza dell’incidente probatorio davanti al gip di Pavia Daniela Garlaschelli si è opposta alla richiesta del legale di parte civile, Gian Luigi Tizzoni, di ampliare gli accertamenti tecnici irripetibili anche alla 33. D’altronde non c’è l’intonaco dell’impronta grattata dal muro, ma una semplice foto.
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