Attualità

L’IMPRESA VESTE TECH

di Angelo Vitale -


Alti e bassi, luci e ombre e più di un dato che supera la media europea nella fotografia che di imprese e Ict fa l’Istat nel suo report che evidenzia la conoscenza del percorso che le aziende hanno fatto nel 2022 verso l’orizzonte di una piena consapevolezza del tech quale vettore strategico dello sviluppo. Un anno nel quale il 69,9% delle piccole e medie imprese ha adottato almeno 4 attività digitali su 12, una quota che sopravanza leggermente la media del 69,1% nei 27 Paesi Ue.
Il Digital Intensity Index, l’indicatore della digitalizzazione, rileva che sono più di 7 imprese su 10 (il 74,9%) quelle dotate di almeno dieci dipendenti che considerano l’impatto ambientale nella scelta di strumenti informatici: un sentiment green che supera di oltre 16 punti la media Ue27 del 58,4%. Ma, avverte l’Istat, la transizione digitale procede con lentezza, anche se le imprese si connettono di più.
Rispetto al 2019, la quota di piccole e medie imprese nelle quali più del 50% degli addetti hanno accesso a Internet per scopi lavorativi è aumentata quasi del 23%, eguagliando i tassi di crescita delle grandi imprese e passando rispettivamente dal 40% al 49% e dal 47% al 58%. Nello stesso periodo, più marcata è la crescita degli addetti delle pmi che utilizzano dispositivi connessi a Internet, che aumenta dal 50% al 56% annullando la distanza con le grandi imprese (55,2%). E cresce assai lentamente, di meno di un punto in 2 anni, fino al 13,4% il numero delle imprese con 10 addetti e più che impiegano specialisti ICT: erano il 12,6% nel 2020 e restano molto sotto la media Ue27 del 21%.
Più diffusi, i comportamenti delle imprese indirizzati alla sostenibilità della pratica digitale. Il 59,9% combina la valutazione dell’impatto ambientale dei servizi o delle apparecchiature Ict, prima di selezionarli, adottando misure che incidono sul consumo di carta (68%) o di energia delle tecnologie informatiche (52,2%). E quando le apparecchiature Ict dell’impresa non sono più utilizzate, le scelte si differenziano: l’86,9% delle imprese le destina alla raccolta differenziata dei rifiuti elettronici, compresa quella effettuata direttamente dai propri fornitori mentre il 48,6% le continua a custodire per utilizzare le parti di ricambio o per evitare che vengano divulgate informazioni sensibili, il 25,0% le rivende o le restituisce se in leasing, oppure ne fa donazione.
Riguardo, poi, a sicurezza e formazione Ict, le migliori performance vengono registrate dalle imprese appartenenti al settore della domanda di Ict specializzata e strategica, come quello connesso alla fornitura di energia, in cui operano l’86,4% delle imprese che hanno almeno il 50% degli addetti che accedono a Internet (la media è 49,3%), il 93,3% che ha attivato almeno tre misure di sicurezza Ict (circa 20 punti percentuali più della media) e il 38,3% che ha fornito formazione in campo Ict ai propri addetti.

Un avamposto, quello italiano del tech nelle imprese, chiamato sempre più a misurarsi con le sfide più attuali sulla scena internazionale. Come quelle discusse da oggi a Las Vegas al via del Consumer Electronic Show, l’evento tech più importante al mondo. Che conferma, spiega il presidente della Consumer Tech Association, Gary Shapiro, un indirizzo green per il tech: “Qui sono in mostra diversi tipi di innovazione ma tutti incentrati su un mondo più rispettoso dell’ambiente e efficiente dal punto di vista energetico, che possa prevedere soluzioni indirizzate a risolvere i problemi fondamentali delle persone e delle imprese”.

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