Hiroshima e Nagasaki: 80 anni dopo, il nuovo rischio nucleare
Devono rimanere nella coscienza collettiva, come faro etico, limite invalicabile, lezione non negoziabile. Nucleare solo per uso civile
A ottant’anni dalle esplosioni che segnarono l’inizio dell’era nucleare, il mondo si confronta ancora con lo spettro dell’arma atomica. Tra memoria, responsabilità e nuove minacce globali, il monito di allora resta più attuale che mai.
Quel 6 agosto 1945 nei cieli del Giappone
«6 agosto 1945, qualche parte sui cieli del Giappone. Mio Dio, ma che cosa abbiamo fatto?», avrebbe esclamato uno dei piloti dell’Enola Gay, il bombardiere americano che sganciò su Hiroshima la prima bomba atomica della storia, soprannominata “Little Boy”.
Fu l’inizio della fine per decine di migliaia di esseri umani: 70.000 morti in pochi secondi, altri 70-80.000 nelle settimane e nei mesi successivi per gli effetti della radioattività. Tre giorni dopo, Nagasaki conobbe lo stesso destino: un’altra bomba, questa volta al plutonio “Fat Man”, uccise sul colpo 40.000 persone, e moltissime altre morirono successivamente per le radiazioni assorbite.
La testimonianza di Domenico Vecchioni: «Con l’arma nucleare non si scherza»
Nel ricordare l’80° anniversario di questi tragici eventi, lo storico e già ambasciatore d’Italia Domenico Vecchioni ha voluto lanciare un monito chiaro, attraverso parole che meritano di essere riportate:
«Mi auguro che l’80° anniversario della tragedia atomica venga ricordato con tutta l’enfasi e la drammaticità che richiede. Soprattutto in questo momento, quando si riscontra una certa tendenza a “banalizzare” la guerra nucleare, quasi fosse un’opzione operativa sul tappeto. No, la guerra nucleare non può essere un’opzione. Perché l’uomo è stato così stupido da costruire gli strumenti della propria distruzione. Con le armi nucleari non si deve scherzare, non si devono fare sceneggiate e non si devono utilizzare per inutili minacce. Tanto Stati Uniti e Russia, le maggiori potenze militari, hanno abbastanza armi nucleari (immensamente più potenti di quelle del 1945) per distruggersi reciprocamente e annientare una buona parte del pianeta. A quel punto sarà del tutto inutile chiedersi chi ha vinto e chi ha perso. Avranno, in realtà, perso tutti. Avrà perso l’umanità».
Una riflessione lucida, che mette a nudo l’assurdità di ogni possibile impiego dell’arsenale nucleare. Perché, come ricorda Vecchioni, la forza distruttiva di oggi è enormemente superiore rispetto al 1945, e nessun sistema di difesa può garantire la sopravvivenza.
Hiroshima e Nagasaki: due bombe, due esperimenti sull’umanità
È importante ricordare che l’imperatore del Giappone aveva chiesto trattative già prima dell’uso delle armi atomiche, e gli Stati Uniti ne erano consapevoli. Eppure le bombe vennero sganciate lo stesso, non una ma due, perché si trattava di due tipi differenti di ordigni nucleari: una all’uranio (Hiroshima) e una al plutonio (Nagasaki). Il risultato fu la verifica sperimentale degli effetti, sulla pelle delle popolazioni civili.
Quell’orrore diede il via a un’epoca nuova: l’era nucleare, dove la potenza distruttiva dell’uomo superava ogni precedente limite etico, politico e scientifico.
Dalla paura alla speranza energetica
Paradossalmente, negli anni successivi, proprio la paura di Hiroshima e Nagasaki si trasformò in una speranza collettiva. La stessa forza atomica fu incanalata verso applicazioni civili, in particolare per la produzione di energia, in un’epoca che cercava di emanciparsi da bisogni fondamentali, soprattutto energetici.
La bomba aveva mostrato il lato più oscuro della scienza. Ma dalla cenere poteva nascere anche una promessa, un uso dell’atomo al servizio della vita e non della morte.
La deterrenza: la follia razionale della Guerra Fredda (M.A.D)
Con l’arrivo della bomba sovietica, si aprì la stagione della deterrenza nucleare. Da quel momento, il concetto di difesa si basò sulla logica della mutua distruzione assicurata (Mutual Assured Destruction, M.A.D.):
Tu attacchi me, ma non riuscirai a distruggere i miei missili. Io ti risponderò con la stessa forza. Tu distruggi me, io distruggo te.
Una strategia difensiva paradossale, fondata sull’equilibrio del terrore: proprio perché nessuno poteva vincere, nessuno avrebbe osato iniziare.
La nuova corsa: dalla realtà alla fantascienza
Ma oggi qualcosa è cambiato. La strategia militare è saltata dalla realtà alla fantascienza. Non siamo più solo nel campo della deterrenza: siamo entrati nella dimensione delle armi ipersoniche, dell’automazione bellica, dell’intelligenza artificiale integrata nei sistemi di lancio, e della banalizzazione del linguaggio nucleare.
Sì, è andata oltre: non verso un nuovo concetto, ma verso una nuova speranza. Ma quella speranza rischia di essere illusoria, se dimentichiamo ciò che è accaduto ottanta anni fa.
Chi vince in una guerra atomica? Nessuno
Nel 2025, con nuove tensioni tra le superpotenze, il rischio di una guerra nucleare torna a essere evocato nei discorsi politici e militari. E questo è pericolosamente irresponsabile.
Perché, come ha scritto Vecchioni, sarà del tutto inutile chiedersi chi ha vinto e chi ha perso. In un conflitto atomico, perde l’intera umanità.
Per questo, Hiroshima e Nagasaki devono rimanere nella coscienza collettiva. Non solo come memoria storica, ma come faro etico, come limite invalicabile, come lezione non negoziabile.
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