Attualità

Zonin e i top manager condannati: via libera alle cause civili contro tutti gli ex amministratori

di Ivano Tolettini -

GIANNI GIOVANNI ZONIN


Con la condanna in via definitiva di Gianni Zonin e degli altri top manager della Banca Popolare di Vicenza, la partita giudiziaria che per anni si è giocata nelle aule penali e nelle autorità di vigilanza entra in una fase nuova perchè si trasferisce sul piano civile. Non si parla più solo di colpe accertate: ora la questione è quanto eventualmente costeranno, in termini concreti, queste colpe. La recente sentenza della Corte d’Appello di Venezia ha imposto all’ex presidente Zonin e all’ex direttore generale Emanuele Giustini di versare oltre 1,3 milioni di euro a titolo di risarcimento nei confronti di Salvatore Ruggeri, imprenditore trevigiano e storico socio della Popolare. La vicenda nasce dall’acquisto di azioni della banca nel 2014 al prezzo di 62,5 euro, un valore che – come dimostrato in sede processuale – era gonfiato e lontano dalla realtà. Per quelle stesse azioni, pochi anni dopo, il mercato avrebbe riconosciuto non più di un euro. Nel 2017 BpVi è stata dichiarata insolvente. I soci danneggiati 94 mila. Non è un caso isolato. In un altro filone, Consob e Banca d’Italia avevano già sanzionato gli ex vertici per violazione delle norme di trasparenza e correttezza informativa. Di questo ha scritto L’identità nei giorni scorsi. Gli illeciti sono oggi cristallizzati in sentenze e provvedimenti che, dal punto di vista giuridico, hanno un peso determinante: chiunque abbia comprato titoli a prezzo gonfiato può ora fare leva su queste pronunce per chiedere il ristoro dei danni. La legge è chiara: una sentenza penale definitiva che accerta la responsabilità di un imputato per fatti specifici fa stato anche in sede civile, almeno sull’esistenza dell’illecito e sulla colpevolezza. Resta da provare, caso per caso, il nesso diretto con il danno subito, ma il percorso processuale è oggi di gran lunga più breve e solido di quanto non fosse prima. C’è di più. Non solo Zonin e Giustini: la possibilità di agire in sede civile riguarda anche i singoli componenti del Consiglio di Amministrazione che sono stati sanzionati da Consob e Banca d’Italia. Le delibere di queste autorità non sono sentenze penali, ma attestano in modo ufficiale violazioni specifiche, dalla falsa rappresentazione della situazione patrimoniale alla mancata vigilanza sugli aumenti di capitale. In sede civile, tali provvedimenti possono essere utilizzati come prove documentali forti per sostenere la responsabilità personale di ciascun amministratore. Il Codice Civile (articolo 2392) stabilisce infatti che gli amministratori sono responsabili verso la società e verso i creditori sociali per i danni derivanti dall’inosservanza dei doveri imposti dalla legge e dallo statuto. Nel caso della Popolare di Vicenza, le violazioni accertate dalle autorità di vigilanza rappresentano un tassello probatorio importante per collegare condotta e danno, anche nei confronti di chi non ha materialmente firmato gli ordini di vendita o fissato il prezzo delle azioni. In altre parole, gli investitori che fino a ieri si trovavano davanti a un muro di incertezze – con avvocati costretti a ricostruire da zero le prove del raggiro – oggi hanno un’autostrada aperta davanti a sé. La condanna a Ruggeri è un precedente che difficilmente potrà essere ignorato: dimostra che il riconoscimento del danno patrimoniale è possibile e concreto. Sul piano economico, il conto rischia di essere pesantissimo. Il crac della Popolare di Vicenza ha coinvolto decine di migliaia di soci, molti dei quali piccoli risparmiatori che avevano investito i risparmi di una vita fidandosi dell’istituto e dei suoi dirigenti. La svalutazione repentina delle azioni – da oltre 62 euro a pochi centesimi – ha azzerato patrimoni familiari e fondi aziendali. Ora quelle perdite possono tornare in aula, non come una ferita aperta, ma come un credito esigibile. Certo, non sarà un percorso privo di ostacoli. La banca è stata dichiarata insolvente e la massa passiva del fallimento è enorme. Il recupero integrale dei danni per tutti è, nei fatti, impossibile. Ma l’azione contro i singoli ex amministratori, oggi, ha basi molto più solide. E i patrimoni personali di chi è stato condannato – in alcuni casi consistenti – possono diventare il bersaglio diretto di nuove cause. Sul piano politico e sociale, la vicenda Popolare di Vicenza è già una ferita che ha ridisegnato il rapporto tra cittadini e finanza. Con la stagione dei processi penali ormai chiusa, quella che si apre è la stagione dei conti civili. Per molti, è la vera occasione di riscatto: non si tratta solo di riavere indietro dei soldi, ma di vedere finalmente riconosciuta – nero su bianco – la responsabilità di chi ha trasformato la fiducia di un territorio in un disastro finanziario. Il verdetto della Corte d’Appello di Venezia, dunque, non è solo un punto fermo nella storia giudiziaria di Zonin. È un segnale chiaro a migliaia di soci: oggi il diritto di chiedere giustizia non è più un’ipotesi remota, ma una strada aperta. E ogni nuova sentenza di risarcimento sarà, per chi ha perso tutto, un passo in più verso la chiusura di una delle pagine più nere della storia economica non solo veneta.


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