Esteri

Debanking: storia di una prassi Usa sanzionata da Trump

di Cinzia Rolli -


Il debanking è una procedura mediante la quale le banche decidono di discriminare i propri clienti in base alle loro opinioni politiche o religiose per esempio. In pratica il consumatore viene considerato pericoloso per la reputazione degli istituti economici per svariati motivi. Si crea così una sorta di lista nera di soggetti che perdono la fruizione di servizi bancari e che difficilmente riescono a recuperare la loro credibilità.

Questa pratica si basa sull’esistenza di una normativa vaga, che lascia spazio alle più diverse interpretazioni del danno potenziale che potrebbe verificarsi nei confronti delle istituzioni creditizie, una prassi che cerca di indirizzare i capitali verso determinati interessi specifici. Viene per esempio utilizzata spesso l’espressione “mettere a rischio la reputazione dell’istituto bancario”, frase assolutamente generica nella quale possono rientrare le più diverse fattispecie di reato. Il debanking si basa sul Bank Secrecy Act del 1970 che ha stabilito le regole volte a individuare come le banche e le istituzioni finanziare debbano comunicare le informazioni necessarie al governo federale.

Questa legge nasce per combattere il riciclaggio di denaro e per contrastare gli atti fraudolenti mediante l’annotazione delle transazioni finanziare sia di natura nazionale che estera e per fornire prontamente agli organi competenti documentazione di tutte le operazioni economiche superiori a 10.000 dollari.

Nel 2020 Trump ha proposto l’approvazione di una normativa denominata Fair Access to Financial Services per ottenere dalle banche con oltre cento miliardi di dollari di movimentazione di attuare servizi equi ed uguali per tutti i tipi di clientela. Tale legge però non è mai entrata in vigore in quanto respinta nel 2021 dal governo Biden. Recentemente il Presidente Trump ha raccontato in un’intervista rilasciata alla CNBC di aver subito una pratica discriminatoria, o meglio ha parlato più in particolare dell’amministratore delegato di un’importante banca che avrebbe rifiutato di ricevere il deposito di più di un miliardo di dollari dopo la fine del suo primo mandato presidenziale.

Poco più tardi, Il 7 agosto di quest’anno, il presidente firmato un ordine esecutivo per penalizzare le istituzioni che partecipano a prassi come quelle del debanking. Vengono considerate violazione delle leggi federali le discriminazioni perpetuate nei confronti di clienti per motivi inammissibili e inaccettabili come, per esempio, diverse vedute politiche.Secondo l’ordine approvato, non si può negare l’accesso ai servizi bancari sulla base di convinzioni costituzionalmente o statutariamente garantite, e le decisioni degli istituti di credito devono essere redatte caso per caso in base alla storia dell’individuo o della società in maniera oggettiva, avendo come filo conduttore la valutazione del rischio.
L’attuazione dell’ordine spetta principalmente al Segretario del Tesoro e alle autorità di regolamentazione bancaria federali.

Il senatore John Kennedy in un editoriale ha affermato che negli ultimi quattro anni il governo federale ha esercitato forti pressioni sugli istituti creditizi per chiudere i conti di cittadini conservatori senza dare spiegazioni e con scarso preavviso. Ciò è ancora più grave se si pensa che ormai i contanti non si usano quasi più e chi non ha un conto in banca è praticamente fuori dalla comunità. Il senatore ha concluso ricordando che il Congresso deve proteggere tutti i cittadini da qualunque tipo di emarginazione, compresa la tutela della loro capacità di effettuare operazioni bancarie.


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