Quel Ponte tra passato e futuro
Il Ponte sullo Stretto di Messina si farà: è ufficiale. Dopo che ne abbiamo sentito parlare per decenni e dopo innumerevoli polemiche sulla sua effettiva utilità – polemiche assurde, visto che anche un bambino, osservando una cartina dell’Italia, istintivamente collegherebbe la Sicilia al continente – pare che stavolta sia la volta buona.
Orgoglio del governo del centrodestra, vera e propria ossessione per il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei trasporti Matteo Salvini, il progetto approvato ni giorni scorsi prevede la realizzazione del ponte sospeso a campata unica più lunga del mondo (come il Golden Gate di San Francisco, per capirci). I numeri fanno impressione: stiamo parlando di una luce centrale (ossia la campata tra i piloni) di 3.300 metri e di torri alte 399 metri.
L’inizio dei lavori è previsto per quest’anno, il completamento si stima intorno al 2033. Mentre sono ripartite le polemiche sulle annose questioni 0– tipo che in Sicilia e Calabria servono autostrade al passo con i tempi e non un ponte che le colleghi – l’opera offre degli indubbi vantaggi, come la drastica riduzione dei tempi di attraversamento da 100 minuti a 10 minuti in automobile, da 180 minuti (tre ore!) a 15 minuti in treno. Per non parlare dell’impatto in termini di occupazione e crescita economica: il cantiere attiverebbe fino a 120 mila posti di lavoro all’anno e il ponte incrementerebbe logistica e turismo, con un rientro stimato fino a 1,2 euro per ogni euro investito.
Grazie ai pedaggi si stimano tra i 535 e gli 800 milioni di euro annui, ciò significa che in circa trent’anni si recupererebbe l’intera cifra – 13,5 miliardi di euro – investita. L’utile operativo è previsto intorno ai cento milioni di euro all’anno. L’opera inoltre farebbe parte del cosiddetto corridoio TEN-T Scandinavo-Mediterraneo, con potenziale uso duale anche a fini difensivi nella cornice Nato. Certo, bisogna realizzare anche una rete infrastrutturale all’altezza – le famose autostrade di cui sopra. Ma l’indotto economico è enorme, inutile negarlo. Per non parlare del forte richiamo turistico internazionale di una siffatta opera, simbolo del glorioso genio italico, erede della capacità ingegneristica che fu propria dei Romani. Chi si dice contrario alla sua realizzazione ci ricorda quelli che si opponevano alla luce elettrica, considerata opera del demonio. A mettersi contro la Storia, in questi casi, si viene solo che travolti.
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