Cultura & Spettacolo

Alexandra de Pan, tra sogno e realtà: “Il viaggio verso l’invisibile”

di Cinzia Rolli -


Un artista non esercita solo un’arte ma riversa la propria essenza e intimità nella sue rappresentazioni: questa immagine raffigura Alexandra de Pan, pittrice russa di adozione italiana. Versatile e profonda, è capace di mettere insieme elementi propri di diversi movimenti culturali e artistici e fonderli tra sogno e realtà con sapienza. Le sue esposizioni sono eventi emotivi, da Venezia a Londra, da Roma a Dubai, i suoi dipinti mescolano poesia e mitologia; tra figure fluttuanti che ricordano Chagall, immagini oniriche e rappresentazioni riprese dai miti greci, lo spettatore rimane catturato e si addentra nel mondo della pittrice fatto di eleganza e semplicità allo stesso tempo.

Dal rinascimento al surrealismo, dalla mitologia all’espressionismo, qual è il leitmotiv delle sue opere?
Il filo conduttore delle mie opere è la tensione verso l’invisibile, verso ciò che si cela sotto la superficie del reale. Mi muovo principalmente tra il surrealismo e l’espressionismo, con riflessi del Rinascimento, che mi ispira per l’armonia compositiva e il dialogo tra pensiero e bellezza. In alcune serie affiorano anche suggestioni mitologiche, intese non come citazioni, ma come simboli fluidi, capaci di evocare stati interiori. Attraverso questo intreccio di linguaggi e riferimenti, cerco di costruire immagini che non spiegano ma evocano, che risuonano nel silenzio, come riflessi di identità e metamorfosi.
Il surrealismo è strettamente collegato allo studio dell’inconscio di Freud e in qualche modo al romanticismo con desideri e istinti da liberare.

Quale dei suoi dipinti trova più affine a tale descrizione?
Come artista che opera nel solco del surrealismo e dell’avanguardia, la mia ricerca si concentra sull’esplorazione dell’inconscio, dei miti originari e del desiderio come forza creativa. Un’opera che incarna pienamente questa visione è il trittico “Pigmalione e Galatea”, dove si intrecciano elementi freudiani, romantici e simbolici. L’opera esplora il desiderio come proiezione interiore, evocando immagini che affiorano come sogni: figure frammentate si cercano e si generano a vicenda, come proiezioni del sé interiore, simboli archetipici e uno sguardo silenzioso che assiste alla creazione. Un dialogo tra visibile e invisibile, dove il surrealismo trova la sua voce.

È più curativo e liberatorio dipingere o farsi coinvolgere da un’opera d’arte?
Per me, senza dubbio, è più curativo dipingere. Nel momento della creazione entro in un equilibrio profondo: gesto, pensiero e tempo si allineano. È uno spazio rigenerante. Ma anche osservare un’opera può essere liberatorio. Dipingere mi cura nel fare, guardare mi cura nell’essere. Desidero creare opere che possano offrire agli altri ciò che io stessa ricevo: uno spazio di bellezza quieta, risonanza emotiva e libertà profonda.

L’immagine nasce nella mente e poi viene sviluppata su tela o guardare la tela crea le forme dell’opera da realizzare?
L’immagine, a volte, nasce prima, come un’intuizione chiara, quasi progettuale. Faccio uno schizzo, traccio delle linee, visualizzo un’idea che sembra già avere una sua forma. Ma davanti alla tela tutto può cambiare. La pittura inizia a parlare con voce propria, la composizione si trasforma, i simboli si spostano, l’equilibrio si rompe e si ricrea. Ci sono opere che rimangono fedeli all’intuizione iniziale, quasi come se fossero state solo da tradurre. Altre invece nascono direttamente sulla tela o meglio, si scoprono nel fare. Il gesto diventa esplorazione e io divento viaggiatrice all’interno del quadro. È un processo vivo e fluido. Ogni opera è un atto di ascolto, un viaggio in cui l’immagine non si costruisce, ma si rivela.

Ci sono rituali che esegue prima di dipingere o dei periodi di tempo prediletti?
Non ho rituali rigidi, ma ho sicuramente dei ritmi. Ci sono giorni in cui l’opera sembra voler nascere da sé, e io non devo far altro che accompagnarla. Altri giorni invece la musa si fa attendere, ma le scadenze non aspettano. Così la invito con insistenza, e spesso accade che proprio nel rigore nasca qualcosa di inatteso. Perché l’arte è anche fedeltà: non solo all’ispirazione, ma al gesto quotidiano e la musa, anche quando tace, non è mai davvero lontana. Sa celarsi in una pennellata, in un silenzio e sorprendere proprio quando smettiamo di inseguirla.


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