Neonati morti all’ospedale Batterio killer nei dispenser
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Bolzano si interroga sul dramma che ha colpito la terapia intensiva neonatale dell’ospedale San Maurizio. Due neonati prematuri, già in condizioni cliniche fragili, sono morti nei giorni scorsi per un’infezione da Serratia marcescens. Un batterio invisibile ma micidiale per chi nasce troppo presto, con un sistema immunitario ancora incompleto. Le indagini dei carabinieri del Nas, coordinate dalla Procura della Repubblica, hanno portato a un primo riscontro: il batterio è stato rintracciato nel beccuccio e nei dispenser del sapone usato per lavare tettarelle e biberon. È un passaggio decisivo che concentra l’attenzione su un oggetto destinato all’igiene e che, paradossalmente, potrebbe essersi trasformato nel veicolo della contaminazione. Il procuratore Giancarlo Bramante ha aperto un fascicolo per omicidio colposo, con l’obiettivo di chiarire la catena di eventi che ha portato alla diffusione del germe e di accertare eventuali responsabilità. I Nas hanno sequestrato campioni di detergente, analizzato i dispenser e avviato tamponi ambientali su superfici e attrezzature. Le cartelle cliniche dei piccoli pazienti, insieme ai registri di accesso al reparto, sono al vaglio degli investigatori. Le ipotesi sono diverse. Il batterio potrebbe essere stato introdotto dall’esterno, da una persona contaminata che ha usato i dispenser. Non si esclude che i contenitori fossero già sporchi prima dell’utilizzo, o che la contaminazione fosse presente direttamente nel sapone, a monte della catena di distribuzione. Un’altra possibilità riguarda un uso improprio del prodotto: conservazione inadeguata o diluizione con acqua contaminata. Ogni scenario resta aperto. Per sciogliere i dubbi sarà necessario attendere i risultati completi delle analisi in corso. L’Azienda sanitaria dell’Alto Adige ha rafforzato le misure di sicurezza: stop alle visite di parenti e amici, accesso consentito a un solo genitore per volta, obbligo di guanti e camici monouso. Tutti i dispenser sospetti sono stati sostituiti, mentre proseguono i tamponi ambientali per monitorare eventuali ulteriori focolai. “Vogliamo circoscrivere il contagio e proteggere gli altri neonati ricoverati”, ha dichiarato la direttrice sanitaria Monika Elisabeth Zischg. Mentre il primario di Chirurgia, Antonio Frena, ha ribadito l’impegno alla massima trasparenza verso le famiglie: “Comprendiamo la richiesta di risposte rapide, ma ora la priorità è la sicurezza dei piccoli pazienti”. Quanto alla Serratia marcescens essa “può può vivere sulla pelle delle persone sane, ma nei prematuri ha effetti devastanti”, ha spiegato Massimo Soffiati, direttore di Pediatria e infettivologia dell’Azienda sanitaria di Trento. Nei neonati sotto peso, l’infezione può provocare in poche ore una sepsi fulminante o una polmonite acuta. “Sono pazienti immunodepressi, ogni minimo contagio diventa una sfida enorme”. Secondo i dati dell’Istituto superiore di sanità, le infezioni ospedaliere colpiscono tra il 5 e l’8% dei ricoverati in Italia. La crescente resistenza agli antibiotici rende più difficile trattare batteri come la Serratia, che trovano negli ambienti umidi – compresi tubi, rubinetti, dispenser – un rifugio ideale. Intanto, se nei reparti di neonatologia ogni grammo di peso guadagnato è una conquista e ogni respiro una battaglia, la perdita di due vite diventa una ferita collettiva. I genitori, che avevano seguito con trepidazione i progressi dei figli, attendono ora spiegazioni dalla magistratura. Il caso di Bolzano riporta alla memoria la tragedia che tra il 2018 e il 2020 colpì Verona, con quattro decessi di prematuri per infezione da Citrobacter koseri. L’inchiesta mise in luce carenze strutturali e protocolli non sempre rispettati. La sentenza di primo grado del 2023 assolse gli imputati, ma la vicenda alimentò un dibattito profondo sul confine tra rischio intrinseco e colpa umana. Anche a Bolzano il nodo è lo stesso: stabilire se la contaminazione fosse un evento imprevedibile o se si sarebbero potute evitare quelle morti. Il ritrovamento del batterio nei dispenser segna un punto cruciale, ma non basta ancora a delineare responsabilità certe. Solo dai risultati definitivi delle analisi dei Nas si potrà chiarire se il sapone stesso fosse contaminato all’origine, se vi siano stati errori nella catena di gestione o se il germe sia stato introdotto da un singolo episodio accidentale. E di chi le eventuali colpe.
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