L'Egitto è disposto a partecipare a una possibile forza internazionale da dispiegare a Gaza, ma solo sotto l'egida dell'Onu
Hamas ha accettato una nuova proposta di cessate il fuoco a Gaza. Lo ha riferito una fonte del gruppo all’Afp, a condizione di anonimato. “Hamas ha consegnato la sua risposta ai mediatori, confermando che Hamas e le fazioni hanno accettato la nuova proposta di cessate il fuoco senza chiedere alcuna modifica”, ha aggiunto l’informatore. In precedenza, un funzionario palestinese aveva dichiarato che i mediatori avevano proposto una tregua iniziale di 60 giorni e la liberazione degli ostaggi in due fasi.
La nuova bozza di intesa
Secondo il canale qatariota Al Arabi, l’accordo sarebbe una versione rivista dell’ultima risposta dei miliziani e rappresenta una sorta di “compromesso” tra un cessate il fuoco totale, ovvero la fine del conflitto armato tra Hamas e Israele, e una tregua temporanea. La soluzione individuata per uscire dallo stallo include la liberazione degli ostaggi e un ritiro graduale dell’esercito israeliano dalla Striscia di Gaza.
Katz e Netanyahu irridono Hamas
“Per la prima volta dopo settimane Hamas è disposto a discutere un accordo per la liberazione degli ostaggi, e lo fa solo per il timore che intendiamo seriamente conquistare Gaza City”, ha commentato il ministro della Difesa israeliano Israel Katz durante una visita alla Divisione Gaza insieme al premier Benjamin Netanyahu e al capo di stato maggiore Eyal Zamir. Katz è sicuro che la presa della città “porterà alla sconfitta di Hamas”. “Hamas è sotto un’enorme pressione”, ha rincarato la dose Netanyahu.
Il ruolo dell’Egitto
L’Egitto e l’Autorità nazionale palestinese (Anp) stanno lavorando a un’intesa per un cessate il fuoco nell’enclave palestinese basato sul piano elaborato dall’inviato statunitense Steve Witkoff. Lo ha sottolineato il ministro degli Esteri egiziano, Badr Abdelatty, nel corso di una conferenza stampa congiunta con il primo ministro dell’Anp, Mohammad Mustafa, durante una visita sul lato egiziano del valico di Rafah.
Stando a quanto riportato da Haaretz, Abdelatty e Mustafa hanno respinto l’ipotesi di non includere l’Anp in qualsiasi “architettura” di governance futura di Gaza. Il primo ministro palestinese, in particolare, ha sostenuto che la soluzione migliore sia quella di istituire un comitato che governi il territorio, subordinato all’Olp e all’Anp.
Il capo della diplomazia egiziana ha reso noto che il suo Paese è disposto a partecipare a una possibile forza internazionale da dispiegare a Gaza, ma solo se sostenuta da una risoluzione del Consiglio di Sicurezza della Nazioni Unite e con un “orizzonte politico” nitido.
Il ministro ha osservato che una cornice politica permetterebbe alle truppe internazionali di operare più efficacemente e di supportare i palestinesi nel realizzare uno “Stato palestinese indipendente nella propria terra”.
Hanno suscitato sdegno e sconcerto le parole del comandante delle Idf Aharon Haliva, a capo dell’intelligence militare israeliana il 7 ottobre del 2023, fino a quando nell’aprile dell’anno successivo non si è dimesso assumendosi la responsabilità per gli attacchi di Hamas, contenute in un audio diffuso da Channel 12. “Per tutto quello che è accaduto il 7 ottobre, per ogni persona del 7 ottobre devono morire 50 palestinesi. Non conta ora se sono bambini. Il fatto che ci siano già 50mila morti a Gaza è necessario e richiesto per le prossime generazioni”, ha affermato Haliva. “Non c’è scelta, hanno bisogno periodicamente di una Nabka per provare il costo”, ha continuato il comandante.
Trump auspica la distruzione di Hamas
Per Donald Trump il movimento islamico di resistenza deve essere eliminato. “Avremo il ritorno degli ostaggi rimanenti solo quando Hamas sarà affrontato e distrutto!”, ha scritto il presidente statunitense in un post su Truth Social. “Prima questo avviene, più alte saranno le possibilità di successo – ha proseguito il capo della Casa Bianca – Ricordate, sono stato io a negoziare e a ottenere la liberazione di centinaia di ostaggi in Israele (e in America!)”. Dopo aver rivendicato di essere stato lui “a porre fine a sei guerre in soli sei mesi”, auto-attribuendosi il merito di essere riuscito “a distruggere gli impianti nucleari iraniani”, ha concluso: “O si gioca per vincere o è meglio non giocare proprio”.