I team di pianificazione della “Coalizione dei volenterosi” si incontreranno gli statunitensi per le garanzie di sicurezza
Il leader russo Vladimir Putin, durante la telefonata con Donald Trump, ha proposto Mosca come sede dell’incontro con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, ma quest’ultimo ha già detto “no”, stando a quanto hanno riferito due fonti all’Afp. Nell’Ue si spinge invece per Ginevra.
Il presidente degli Usa ha ribadito di aver avuto una “conversazione molto positiva” con il suo omologo russo dopo l’incontro di lunedì con Zelensky e i leader europei. Ai microfoni di Fox & Friends, il tycoon ha raccontato di non aver fatto la chiamata “davanti a loro, ho pensato che sarebbe stato irrispettoso nei confronti del presidente Putin”, e che “non avrebbe parlato con i rappresentanti europei presenti”.
Tema centrale del colloquio è stato il faccia a faccia con il leader ucraino: “Ho detto a (Vladimir Putin) che organizzeremo un incontro con il presidente Volodymyr Zelensky e che si sarebbero incontrati. Poi, dopo quell’incontro, se tutto andrà bene, guiderò io e chiuderemo la questione. Però, sapete, in questo caso bisogna essere in due per ballare. Devono avere almeno un certo tipo di rapporto, altrimenti stiamo solo sprecando tempo”.
Nessun soldato americano in Ucraina
Ai giornalisti dell’emittente che chiedevano garanzie rispetto al fatto che non ci saranno “boots on the ground” americani in Ucraina, Trump ha risposto: “Avete la mia assicurazione, da presidente. Germania, Francia e Gran Bretagna vogliono avere i ‘boots on the ground’. Non penso sarà un problema: Putin è stanco, sono tutti stanchi. Ma non si sa mai”.
“Sapremo di più su Putin nelle prossime due settimane”, ha aggiunto il capo della Casa Bianca, mostrandosi comunque ottimista: “Non penso che sarà un problema, se debbo essere onesto, credo che Putin sia stanco di tutto questo, penso che tutti siano stanchi, ma non si sa mai”. Il repubblicano ha espresso la speranza che “il presidente Zelensky faccia quello che deve fare: deve mostrare una certa flessibilità”.
Il dialogo Zelensky-Costa
In un post sui social, il presidente ucraino ha fatto il resoconto del suo confronto telefonico con il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, dopo che quest’ultimo ha presieduto una riunione dei leader Ue sul summit a Washington: “Abbiamo compiuto un passo importante verso la fine di questa guerra e verso la sicurezza dell’Ucraina e di tutta l’Europa. Garanzie affidabili di sicurezza per l’Ucraina, che siano realmente efficaci, rappresentano il risultato più importante dei nostri sforzi congiunti, di tutti i nostri partner e, soprattutto, del coraggio ucraino che ha difeso la nostra indipendenza”.
“Separatamente, abbiamo discusso dell’importanza dell’unità tra tutti i 27 Stati membri dell’Ue per il percorso dell’Ucraina verso l’adesione europea e per l’apertura dei cluster negoziali”, ha spiegato ancora Zelensky, ringraziando l’Ue per il sostegno.
Orban e Fico all’attacco
Nell’Unione europea non sono mancate le voci di dissenso per il comportamento fin qui assunto dai colleghi. Secondo il premier ungherese Viktor Orban, “è stato confermato che la strategia dell’isolamento è fallita. È stato confermato che non esiste una soluzione alla guerra Russia-Ucraina sul fronte militare; solo gli sforzi diplomatici possono portare a una soluzione”.
Più drastico ancora è stato il premier slovacco Robert Fico: “Il primo prerequisito fondamentale per porre fine al conflitto è la consapevolezza che l’Ucraina non può diventare membro della Nato”, e il secondo, “ugualmente importante, è la presa d’atto che senza una discussione sui cambiamenti territoriali in Ucraina non si potrà fare alcun progresso”.
“Non posso che esprimere rammarico per il fatto che, all’interno dell’Ue, abbiamo dovuto attendere che Donald Trump ci indicasse la strada verso la pace. La guerra è sul suolo europeo e la logica imporrebbe che debba venir conclusa in Europa, sotto il pieno patrocinio dell’Ue”, ha chiosato Fico.
I team di pianificazione della “Coalizione dei volenterosi” si incontreranno con le loro controparti statunitensi, a giorni, per “rafforzare ulteriormente i piani volti a fornire solide garanzie di sicurezza e preparare l’invio di una forza di rassicurazione in caso di cessazione delle ostilità”.