Immobili: case senza vita, vite senza casa. Il paradosso italiano
In un Paese con emergenza abitativa e disoccupazione, 3,8 milioni di immobili restano chiusi. Nessuno ci vive, nessuno ci lavora
In Italia ci sono 3,8 milioni di immobili che non producono nulla. Non affitti, non tasse, nemmeno fastidi. Case ferme. Fabbriche che sembrano uscite da un film di guerra. Palazzi mai finiti, ruderi stanchi che ormai fanno da scenografia ai gatti randagi. Roba che, in altri Paesi, sarebbe già stata trasformata in spazi abitativi, culturali, produttivi. Da noi, invece, è tutto lì: sigillato, immobile, eterno. Come certi pensieri nei cassetti.
Lo ha ricordato anche l’Osservatorio del Mercato Immobiliare: quasi quattro milioni di edifici che potrebbero ospitare famiglie, start-up, cooperative, librerie, scuole, ma restano lì, zitti e immobili. E non perché non servano. Al contrario. Si cercano case ovunque. Gli affitti sono saliti come non mai, i giovani si stringono in stanze condivise, i piccoli comuni si svuotano come fiaschi lasciati aperti.
Quell’indifferenza sistematica
C’è chi, come Federcepicostruzioni, parla di “riserva strategica nazionale”, come fosse un giacimento d’oro sotto i piedi. E in effetti lo è. Ma a differenza dell’oro, qui manca il coraggio di scavare. O peggio: ci sarebbe pure, ma non si sa con quali permessi, in che modo, con quali regole e per quanto tempo ancora sarà possibile usare gli strumenti già esistenti.
Perché in Italia i bonus ci sono… fino a che non finiscono. Le regole cambiano in corsa. I Comuni si arrabattano. I cittadini si scoraggiano. E così, la casa rimane vuota. Il cantiere resta bloccato. E chi poteva rimettere in moto un quartiere, se ne va.
Nel frattempo, si continua a costruire nel nulla, come se il Paese fosse un campo vergine. Cemento fresco a pochi chilometri da centri storici deserti. Palazzine nuove mentre i vecchi condomini cadono a pezzi. Tutto nuovo, purché sia lontano da ciò che già c’è. Recuperare non conviene: meglio partire da zero, magari più in là, dove nessuno conosce la storia di quei muri.
Questi 3,8 milioni di immobili, fermi come un treno senza binari, sono il ritratto di un’Italia che dimentica, che perde occasioni senza nemmeno accorgersene. Non è solo edilizia. È politica, cultura, futuro.
Vision e mission, non pervenute
Rigenerare un edificio vuoto non significa solo riempirlo: significa dargli una nuova grammatica. Farlo parlare la lingua del presente. Renderlo utile, vivo, necessario. Ma per fare questo ci vuole una strategia. Non un comunicato stampa. Non una conferenza ogni due anni. Serve una visione che vada oltre l’annuncio.
Nel frattempo, le città crescono senza logica, le campagne si riempiono di cantieri abbandonati e i giovani fanno le valigie, non perché vogliano andarsene, ma perché qui, dove potrebbero esserci milioni di tetti, si fa finta che non esistano.
Finché nessuno avrà il coraggio di guardare oltre il prossimo titolo di bilancio, l’Italia resterà così: un Paese che non ha un patrimonio immobiliare, ma solo un patrimonio immobile.
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