Editoriale

Partito Democratico? No, Partito Delegato (a Giuseppe Conte)

di Laura Tecce -


Si scrive Partito Democratico, si legge Movimento 5 Stelle. O meglio, Giuseppe Conte, regista occulto di candidature e figura sempre più centrale nel campo progressista. Già avvocato del Popolo, oggi “carta decisiva del fronte democratico” (definizione by Goffredo Bettini), il leader pentastellato alle imminenti elezioni regionali potrebbe piazzare ben due dei suoi a candidato presidente: Pasquale Tridico, ex presidente Inps folgorato dalle sirene grilline sulla via di Bruxelles, in Calabria e Roberto Fico, un tempo discepolo dell’Elevato Beppe, adesso adepto del verbo contiano, in Campania (De Luca permettendo). Non solo: in Toscana il dem Eugenio Giani per godere dell’appoggio dei 5Stelle alla sua ricandidatura ha dovuto sottoscrivere un programma che, come ha denunciato Carlo Calenda, sembra vergato direttamente dalla vicepresidente del Movimento Paola Taverna: stop al rigassificatore di Piombino e reddito di cittadinanza regionale (a carico dei toscani che lavorano e pagano le tasse, ovviamente). E ancora: “patto per la legalità e la trasparenza amministrativa” al primo punto dell’accordo, lo stesso che il moralizzatore Conte ha preteso, in cambio del sostegno, anche dal candidato a governatore del Pd nelle Marche, Matteo Ricci, indagato per aver ottenuto, quando era sindaco di Pesaro, “un’utilità non patrimoniale attraverso la realizzazione con modalità illegittime di opere ed eventi pubblici di grande richiamo in grado di procurargli un rilevante beneficio in termini di accresciuta popolarità e consenso”, cioè fuffa allo stato puro ma non per gli ultra giustizialisti pentastellati. Insomma, una pièce teatrale dove i dem recitano e i grillini scrivono il copione.


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