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Brasile: il segreto di Bolsonaro? Scappare da Milei

Dal sogno di restare al potere al sogno di scappare: così la parabola dell’ex presidente vira al grottesco

di Andrea Fiore -


A Jair Bolsonaro non bastava il peso di un processo che potrebbe costargli fino a quarant’anni di carcere. Ora, sulla scrivania della Corte Suprema brasiliana, è arrivato anche un documento che profuma di fuga maldestra: una bozza di richiesta di asilo politico in Argentina, trovata sul cellulare dell’ex presidente.

Un foglio che sa di disperazione

Il testo – senza firma né data, ma con tutto il sapore dell’urgenza – descrive un Bolsonaro “perseguitato per crimini politici” che chiede rifugio a Javier Milei. Non un dettaglio irrilevante, visto che il documento risale al 2024, quando le indagini sul tentato colpo di Stato avevano già cominciato a stringere la morsa.

Il giudice Alexandre de Moraes ha concesso alla difesa 48 ore per spiegare il “mancato rispetto delle misure cautelari, la reiterazione di condotte illecite e il rischio di fuga”. Tradotto: l’ex presidente, oggi agli arresti domiciliari, non solo avrebbe ignorato il divieto di usare i social, ma avrebbe anche coltivato l’idea di scappare con una scorciatoia burocratica scritta a mano.

Una saga di famiglia (e di tribunali)

A rendere il copione ancora più surreale, c’è il sospetto che la bozza non l’abbia scritta Bolsonaro, ma la moglie di suo figlio Flavio, senatore. Una trama familiare che mescola politica, tribunali e fantasie di fuga: materiale degno di una telenovela brasiliana, ma in versione giudiziaria.

La Corte Suprema indaga anche su Eduardo Bolsonaro, l’altro figlio, accusato insieme al padre di aver tentato di condizionare i giudici con l’aiuto dell’amministrazione Trump. Secondo la Polizia Federale, avrebbero cercato di spingere il presidente americano a compiere “atti ostili contro il Brasile” pur di far archiviare il processo.

Da capitano a imputato

Il risultato è un procedimento che rischia di trasformare Bolsonaro da “capitano del popolo” a prigioniero di lungo corso. L’accusa: aver guidato il colpo di Stato del 2022 per non cedere il potere a Lula.

E come se non bastasse, nel frattempo Donald Trump ha imposto un dazio del 50% sulle importazioni brasiliane e sanzioni ai giudici della Corte Suprema, regalando un tocco geopolitico a una vicenda già carica di colpi di scena.

Insomma: da uomo forte della destra a protagonista di un piano di fuga rimasto nel cassetto del telefono. Una commedia amara, con un finale che pare scritto: quando le fughe restano sulla carta, a restare vera è solo la condanna.


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