Dalla Sardo al gruppo “Mia moglie”: violenza diventa spettacolo
Marzia Sardo, la ragazza siciliana di 23 anni che ha denunciato sui social di essere stata “molestata” mentre le veniva fatta una tac al Policlinico Umberto I di Roma, è al centro di una accesa polemica. La ragazza è giunta in ospedale lo scorso 21 agosto a causa di una forte emicrania: “Stavo malissimo e non riuscivo a tenere aperti nemmeno gli occhi”, ha affermato. E così i medici avrebbero richiesto ulteriori esami per approfondire le ragioni del suo malessere. Secondo il suo racconto, entrata in ospedale alle 14.30, una volta giunta nella sala del reparto di Radiologia (verso le 21), Marzia Sardo sarebbe stata invitata dal tecnico a togliere sia la mascherina che indossava sia gli orecchini poiché al loro interno avevano delle parti metalliche. Alla richiesta della Sardo se fosse stato necessario togliere anche il reggiseno, la risposta del radiologo sarebbe stata: “No, tanto per la tac al cranio non è necessario. Poi se vuoi toglierlo ci fai felici tutti”. La Sardo pur ritenendo quel commento sessista e inappropriato (anche sul fatto che nella stanza fossero presenti altri colleghi uomini) ha deciso di non sporgere una formale querela, bensì ha preferito raccontare quanto accaduto in un video girato nel bagno dell’Umberto I e subito pubblicato su TikTok e Instagram. La giovane appare con la cannula ancora al braccio e in lacrime: “Non dobbiamo stare in silenzio davanti a queste violenze” – verbali, sia chiaro -. Il video è diventato subito virale e, dopo qualche post di approvazione per il coraggio dimostrato dalla ragazza, ha scatenato numerosi attacchi contro di lei, tanto che la Sardo ha preferito disattivare i commenti. In molti hanno, infatti, dubitato della veridicità dei fatti esposti, minimizzando quanto sarebbe accaduto. A sua detta, non sarebbe stata la prima volta in cui la giovane avrebbe subito commenti sessisti. “Sono stanca di dovermi interfacciare ogni giorno con queste cose – afferma nel video -, anche in ambiente ospedaliero, che dovrebbe essere un luogo sicuro”. La direzione del Policlinico, sulla base del video, ha avviato una indagine interna predisponendo anche l’ascolto di tutti i sanitari presenti il 21 agosto, ma al momento non ci sono notizie sugli sviluppi seguiti a quanto raccontato dalla ragazza.
Quel che vorremmo far presente è che quando ci si espone sui social si dovrebbe anche dare la possibilità di replica agli utenti ai quali, come in questo caso, è stata indirizzata una vera e propria denuncia. Disattivare i commenti sembrerebbe quasi un voler imporre la propria verità senza poter essere smentiti. Il dibattito che si è scatenato tra gli utenti social – e non solo – riguarderebbe anche il fatto di voler far passare le parole che il radiologo avrebbe pronunciato come un tentativo, decisamente goffo e inappropriato, oltre che poco empatico, di strappare un sorriso alla giovane, magari per smorzare la vulnerabilità della paziente in quel momento di stress. Nessuno può dirlo con certezza. Di certo, quanto denunciato dalla studentessa ci mette davanti a numerosi interrogativi sia sulla tutela delle donne in luoghi che dovrebbero essere garanzia di protezione da qualsiasi forma di violenza – qualora venisse confermato quanto affermato dalla giovane – sia sulla necessità di spettacolarizzare un fatto grave e ancora da accertare. A volte le buone intenzioni trasformano e danneggiano battaglie che sono già difficili da combattere e sostenere. Troppe donne si trovano a combattere contro la violenza di genere rischiando anche di portare a minimizzare o addirittura di dubitare di un video-denuncia. In un Paese come il nostro, dove il fenomeno della violenza (che si manifesta anche verbalmente), resta diffuso ma troppo spesso non denunciato per vergogna o timore, è fondamentale verificare la credibilità di chi denuncia per non far perdere la dignità alle vittime conclamate. La vicenda della Sardo ci fa pensare alla recente chiusura della pagina Facebook “Mia Moglie”, il gruppo che vedeva migliaia di uomini condividere – per anni – foto private ed intime delle consorti diffuse in maniera totalmente illecita. Attualmente è salito a mille il numero delle denunce di per il furto delle immagini – e questo è un reato – poi pubblicate sulla pagina di Fb in questione. Ma se una pagina viene chiusa altre due sembrerebbe ne siano state aperte sui canali Telegram. In questo caso, la “goliardica innocenza” della condivisione tra uomini ci fa riflettere su come i social non siano un luogo abbastanza regolamentato e di certo poco controllato. Al di là della scarsa etica maschile di questi individui e del comprovato totale disprezzo delle donne coinvolte a loro insaputa dai propri compagni, quello che ci spaventa sono la gogna mediatica e il “tribunale dei social” che condannano senza appello un radiologo in virtù di un video virale.
Torna alle notizie in home