Attualità

Essere madre in Italia: quando la scelta diventa un lusso

di Priscilla Rucco -


“Record negativo di nascite in Italia: siamo un Paese senza futuro”. Quante volte abbiamo letto titoli del genere? Raramente, però, si entra davvero nel dettaglio del perché nel nostro Paese ci sia un calo demografico sempre più importante. Nel 2024, le nascite sono scese drasticamente sotto quota 370mila, confermando un trend in negativo come da qualche tempo a questa parte. Importante considerazione – oltre all’aspetto meramente economico – la merita anche un dato che vedrebbe abbassarsi il tasso di fertilità attorno all’1,2 figli per donna, ben al di sotto rispetto ad altri periodi e generazioni passate. Prendendo in considerazione questi cambiamenti sorge una domanda: “Siamo davvero noi a non voler fare più figli?” Una donna che sceglie di divenire madre nel complesso sistema del lavoro, che si divide tra precario ed autonomo, rischia di perdere il proprio ruolo e di conseguenza il proprio stipendio e così anche l’indipendenza. La maternità, da diritto, si trasforma in una decisione calcolata, rimandata e repressa. Sia chiaro, decidere di avere figli ai giorni d’oggi non è più un obbligo, ma una scelta consapevole e ponderata. Meglio la carriera o la famiglia? Perché mantenere entrambi gli obiettivi diventa un miraggio sempre più lontano. Prendendo in considerazione i dati – Istat e dal rapporto annuale “Le Equilibriste – La maternità in Italia 2025” curato da Save the Children – una larga fascia di età compresa tra i 25 e i 54 anni, solo il 62% delle donne con figli minori lavora (contro il 91% degli uomini). Tra le madri senza compagno con uno o più figli, oltre il 40% vive a rischio di povertà. Riforme, campagne pro maternità, congedi e assegni sono briciole con cui dei figli non possono essere sfamati. Anche se negli ultimi tempi i governi che si sono susseguiti hanno cercato di incrementare le nascite con sostegni quali il congedo parentale – aumentato dell’80% della retribuzione per tre mesi -, l’assegno unico universale e anche con i bonus natalità. Ma sono contributi irrisori che non coprono i reali costi della genitorialità, se non in minima parte. Nessun incentivo potrà mai compensare il vuoto di un mercato del lavoro che ancora oggi penalizza in maniera più o meno dichiarata la maternità. Ogni donna che si assenta per il riconosciuto congedo, al rientro potrebbe non trovare più il suo lavoro. A livello europeo, l’Italia è uno dei Paesi con il più basso tasso di natalità. Purtroppo nell’ambito aziendale essere donna e soprattutto madre è sinonimo di rischio. Per gli uomini invece, il congedo di paternità è ancora una opzione che porta disuguaglianza. Nel 2025 una donna su tre lascia il lavoro dopo la nascita di un figlio. Il tasso di occupazione femminile e soprattutto per le madri è tra i più bassi d’Europa. Sul fronte di asili e scuole per l’infanzia pubblici o comunali, in alcune città il servizio funziona, ma in molte altre no. E quindi si deve ricorrere a costosissime strutture private. Le donne, una volta diventate madri, solitamente lavorano meno con la conseguenza di avere economie insufficienti. In altri Paesi europei come la Francia, le donne ricevono fino a tre anni di congedo parentale retribuito, in Germania lo stato investe in asili nido gratuiti e flessibili. Nei Paesi scandinavi diventare genitori è una responsabilità condivisa, tutelata e valorizzata.


Torna alle notizie in home