Vladimir Putin ha ribadito la propria posizione contraria alla presenza di truppe dei Paesi della Nato
Il velo di Maya è stato squarciato. Dietro il supporto militare e le garanzie di sicurezza promesse dai 26 Paesi cosiddetti “volenterosi” all’Ucraina, si cela l’intenzione di schierare forze armate sul campo. La peggiore delle prospettive, la più irresponsabile delle scelte, che aprirebbe la strada a un conflitto su larga scala con la Russia. I piani che i governi di Francia e Germania hanno messo a punto per preparare le strutture ospedaliere pubbliche ad accogliere un numero ingente di feriti, assumono un senso e un significato dopo il vertice parigino.
Le pericolose anticipazioni di Zelensky
A confermare la postura bellicista ci ha pensato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, affetto come il suo omologo francese Emmanuel Macron da una forma di incontinenza verbale, che li porta spesso a svelare le strategie concordate con i compagni di percorso. “Non saranno numeri a una cifra, ma dell’ordine delle migliaia” i soldati stranieri dispiegati sul suolo ucraino nel quadro delle garanzie di sicurezza in un eventuale accordo per una tregua o per la pace con la Russia, ha anticipato Zelensky nella conferenza stampa che ha tenuto con il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa, precisando tuttavia che “è ancora presto per parlarne”.
La Commissione Europea sta mandando una squadra di funzionari a Washington che avrà il compito di coordinare le sanzioni Ue contro la Russia per la guerra in Ucraina con quelle che verranno decise dagli Stati Uniti d’America. “La presidente Ursula von der Leyen – ha spiegato Costa – sta inviando una squadra a Washington per coordinare le sanzioni con gli Stati Uniti. Se abbiamo un’azione coordinata, le sanzioni sono più efficaci, la pressione è più efficace e quindi creiamo condizioni migliori per portare il presidente Putin al tavolo dei negoziati”.
Zelensky e Costa, per compiacere Donald Trump, vogliono mettere alle strette Slovacchia e Ungheria per indurle a non ricevere più il petrolio russo dall’oleodotto Druzhba, obiettivo di raid ucraini. “Gli Stati Uniti vogliono ridurre drasticamente i proventi della Russia che derivano dalle esportazioni di energia ed è questa la strada da seguire”, ha detto il presidente dell’Ucraina.
Il Giappone si sfila
Il governo giapponese ha comunicato che, pur facendo parte della “Coalizione dei Volonterosi”, non rientra nel gruppo di 26 che hanno già assunto impegni concreti per costituire una futura “forza di garanzia”, così come descritta da Macron. “Il Giappone non è tra quei 26 Paesi”, ha chiarito il portavoce Yoshimasa Hayashi, sottolineando che Tokyo non ha alcuna intenzione di inviare militari ma continuerà a partecipare attivamente alle discussioni future sulla questione.
Le parole di Peskov, l’avvertimento di Putin
La reazione della Russia non si è fatta attendere. “Considereremmo la presenza di forze internazionali o di qualsiasi forza straniera, o delle forze Nato sul suolo ucraino, vicino al nostro confine, una minaccia per noi stessi”, ha dichiarato il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, a margine del forum economico di Vladivostok, dopo che il presidente russo Vladimir Putin ha ribadito la propria posizione contraria alla presenza di truppe dei Paesi della Nato, avvertendo che “se dovessero comparire forze armate in quella zona, specialmente ora durante i combattimenti, le considereremmo obiettivi legittimi”.
Allo stesso tempo, stando a quanto riportato da Interfax, Putin ha rimarcato che un accordo di pace a lungo termine non richiederebbe la presenza di truppe straniere in Ucraina. “La Nato considera la Russia un nemico e questo è esplicitamente dichiarato nei suoi documenti”, ha affermato Peskov, facendo presente che “questo è pericoloso per il nostro Paese”.
Ben diversa era la bozza elaborata dopo l’incontro tra Donald Trump e Vladimir Putin in Alaska lo scorso 15 agosto, che prevedeva l’assunzione da parte degli Usa di un ruolo guida nel monitoraggio di una “zona cuscinetto demilitarizzata” in Ucraina, evitando il coinvolgimento diretto della Nato e con un pattugliamento affidato a contingenti di Stati non membri dell’Alleanza, come Arabia Saudita o Bangladesh. Una strada verso la pace. Quella parigina, al contrario, conduce dritta alla guerra.