Stop al payback. Per salvare il settore dei dispositivi medici, uno dei gioielli del Made in Italy, occorre fare ciò che gli italiani sanno fare meglio. “Sintesi”. Ne è convinto Massimo Pulin, presidente Confimi Industria Sanità, che a L’identità fa il punto della situazione su una vicenda che fa tremare un’eccellenza italiana.
Presidente Pulin, tutti si preoccupano dei dazi americani…
“L’Italia è un Paese produttore di dispositivi di altissima qualità e ad alto valore aggiunto. Pertanto i dazi, che non sono ancora attivi, colpiranno chi li acquisterà perché dovrà far fronte a un aumento di prezzo. E se l’Ue farà la stessa cosa sui dispositivi medici Usa, il prezzo si ripercuoterà sulle casse dello Stato”.
…ma il problema è (ancora) quello del payback.
“Una legge nata male e fatta peggio. E a pagarne le conseguenze, alla fine, sarà sempre lo Stato…”.
In che senso?
“Se chiedi sempre più soldi indietro alle aziende, a quelle stesse imprese che hanno già pagato le tasse, i contributi ai dipendenti, l’Iva, è logico che di fronte a questa iniquità, alle prossime gare, ci saranno degli aumenti. Il vero punto è un altro”.
Quale?
“Lo Stato deve iniziare a comprare meglio. Le gare attuali non vanno bene. Sarebbe più utile stilare un repertorio, in cui ogni prodotto ha un prezzo di riferimento e da quel prezzo, poi, si dovrebbe cominciare a trattare. Invece si fanno gare che hanno a oggetto enormi quantità di beni. Ma riempire i magazzini non ha senso tanto veloce è la consegna dei dispositivi. Anche perché diverse forniture sono a scadenza e a volte ci vanno, a scadenza, senza essere utilizzate. Serve che le amministrazioni dialoghino tra loro, occorrerebbe un progetto nazionale e, soprattutto, bisognerebbe che le Regioni capiscano che i dispositivi possono spostarsi tra un territorio e l’altro. Purtroppo non funziona così e nessuno sa cos’ha l’altro”.
Di cosa parliamo quando facciamo riferimento al comparto?
“Siamo terzi in Europa per numero d’imprese e di occupati. La manifattura italiana del settore dei dispositivi medici è riconosciuta a livello globale. L’alta qualità si paga: non lesiniamo sui salari e, anzi, chi lavora in questo comparto è felice di poterlo fare anche a livello economico. Siamo, inoltre, capaci di proporre prodotti di eccellenza a costi competitivi: in media, rispetto ad altri Paesi produttori, i nostri costano il 20-25% in meno”.
Un’eccellenza su cui incombe il payback.
“Oggi rischiamo di perdere tra le 5-600 imprese e 3-4mila dipendenti. Ma al prossimo giro, quello per il periodo 2019-22, sarà un disastro, rischiamo la morte certa di imprese che non ce la faranno più a far fronte ai pagamenti. Chi potrà scapperà via, gli altri chiuderanno. E a noi cosa rimarrà di quella che è un’eccellenza a livello mondiale grazie al payback?”.
Quale è la proposta per superare l’impasse?
“Come Confimi, alla nascita del governo Meloni, abbiamo già presentato una proposta: rimettere in sesto il sistema d’acquisto da parte dello Stato. Con il repertorio e il prezzo di riferimento. Abbiamo, poi, chiesto di rivedere i Drg: ormai hanno trent’anni, risalgono agli anni ’90. Molte di quelle descrizioni non esistono neanche più. Nel 2022, poi, abbiamo presentato un nuovo nomenclatore tariffario per l’assistenza protesica, tutti i dispositivi su misura costruiti per i pazienti che ne abbiano bisogno. Abbiamo proposto di rifarlo perché quello entrato in vigore quest’anno non ci sembra appropriato per chi fa le prescrizioni. Pure i medici fanno fatica. La nostra proposta si basa proprio sulla veridicità e sull’appropriatezza in fase prescrittiva. Essere appropriati è riconoscere al cittadino ciò di cui ha necessità e allora sì che non spendi soldi invano e ti ritrovi più risorse per fare ricerca e sviluppo, in nuovi tipi di terapia”.
Allora c’è da citare quel famoso titolo: “Fate presto”?
“Diciamo piuttosto che la politica deve trovare il giusto compromesso tra interesse nazionale, delle imprese e del cittadino che deve curarsi. Per questo va fatta una sintesi importante. Altrimenti il sistema non avrà più dispositivi, perderemmo tantissime professionalità. E tutto questo a cosa sarà servito? ”.