Economia

La Bce si prende un’altra pausa: è l’ora della surroga sui mutui

Lagarde intanto calza l'elmetto: "Crescita dalle spese per la difesa"

di Giovanni Vasso -


Tutto come previsto: la Bce si prende un’altra pausa a settembre (è la terza di fila) e lascia, ancora una volta, i tassi lì dove li avevamo lasciati: al 2% sui depositi, al 2,15% sulle operazioni principali e al 2,40% su quelle marginali. A sentir l’analisi che arriva da Francoforte, parrebbe quasi di vedere un’Europa in procinto di una riscossa economica. Le stime sul Pil, difatti, sono state alzate al +1,2% per quest’anno (partivano dall’1%) mentre per il 2026 e il 2027 si promette una crescita stimata, rispettivamente, nell’1% (-0,1% rispetto alle ultime previsioni) e all’1,3% (in linea con gli ultimi dati). Non basta: l’inflazione per quest’anno sarà al 2,1% mentre per il prossimo biennio sarà stabilmente sotto la linea rossa del 2 per cento tracciata da Lagarde e soci all’indomani della stretta monetaria susseguita agli scossoni energetici dovuti alla guerra in Ucraina: 1,7% per il 2029 e 1,9 nel 2027. Madame Lagarde, dopo aver ribadito la solita filastrocca per cui la Bce “non resta vincolata” e dunque si tiene le mani libere per operare qualche tagliuzzo qua e là, ritiene di dover snocciolare belle notizie al Vecchio Continente: “I rischi per la crescita economica sono diventati più bilanciati”.

La pausa Bce, l’elmetto di Lagarde

Peccato, però, che poi inanella una serie di notizie e considerazioni che non appaiono veramente entusiasmanti: “Mentre i recenti accordi commerciali hanno ridotto l’incertezza, un ulteriore peggioramento delle relazioni commerciali potrebbe ulteriormente frenare le esportazioni e trascinare investimenti e consumi. Un deterioramento del sentiment sui mercati finanziari potrebbe portare a condizioni di finanziamento più restrittive, a una maggiore avversione al rischio e a una crescita più debole”. Niente paura, però. Per fortuna c’è la guerra. “Le tensioni geopolitiche, come la guerra ingiustificata della Russia contro l’Ucraina e il tragico conflitto in Medioriente, rimangono una delle principali fonti di incertezza”. Fino a un certo punto, però: “Una spesa per la difesa e le infrastrutture superiore alle aspettative, insieme a riforme volte ad aumentare la produttività, contribuirebbero alla crescita. Un miglioramento della fiducia delle imprese potrebbe stimolare gli investimenti privati”. Insomma, l’Europa spera di rimettersi in sesto calzando l’elmetto: “Il sentiment potrebbe anche migliorare e l’attività stimolata se le tensioni geopolitiche diminuissero o se le rimanenti controversie commerciali venissero risolte più rapidamente del previsto”, ha dichiarato la governatrice in versione Lapalisse.

Draghi e gli americani

Il problema più pressante per Lagarde, e non solo per lei, riguarda il piano Draghi. Che, dopo un anno, è rimasto praticamente lettera morta: “Cruciale completare l’unione di investimenti e risparmi con una tabella di marcia ambiziosa e stabilire la legge necessaria per il nostro euro digitale”. Lo stop, il terzo di fila, deciso dalla Bce fa crescere l’attenzione su ciò che farà la Fed. In America, ormai, un taglio è dato (quasi) per scontato. E si fanno sempre più largo le ipotesi per cui la banca centrale potrebbe decidere di scontare il costo del denaro addirittura di mezzo punto. A quel punto, per la vecchia Europa già è piagata dal dollaro debole (cosa che, invece, per Lagarde e soci sarebbe un’opportunità nel sogno irrealizzabile di lanciare l’euro come valuta di riserva mondiale) sarebbe un problema. Grave. Ma se davvero un taglio simile fosse deciso sul dollaro, significherebbe la fine dell’allarme inflazione. E varrebbe per tutti, Europa (Lagarde e falchi) compresa.

Il caso mutui

Ciò che davvero conta, almeno per le famiglie, è che la scelta di prendersi un’altra pausa per la Bce finirà per pesare sul portafogli di chiunque abbia contratto un mutuo nel corso degli anni. I conti li fa il Codacons: “I tassi di interesse sui mutui effettivamente praticati alle famiglie sono passati dal 3,50% dello scorso gennaio al 3,61% di luglio (dati Bankitalia), con un incremento del +0,11% da inizio 2025, pari ad un maggior esborso da +120 euro all’anno su un mutuo da 150mila euro a 30 anni e il mancato taglio da parte della Bce potrebbe influire negativamente sull’andamento del mercato, e accelerare la crescita dei tassi con conseguenze dirette sulle tasche di milioni di italiani”. Insomma, per chi non l’avesse fatto forse è arrivata l’ora di pensare seriamente a procedere con una surroga e, magari, passare al tasso fisso. Una scelta che interessa, come riportano i dati Crif, sempre più famiglie: rispetto all’ultimo trimestre del 2024, difatti, nei primi tre mesi di quest’anno la domanda di surroghe è salita addirittura del 63,2% trascinando verso l’alto gli indici sui mutui concessi, saliti del 20%.


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