Editoriale

La violenza verbale sulla pelle di un morto ammazzato

di Adolfo Spezzaferro -


L’omicidio politico di Charlie Kirk, 31enne attivista conservatore Usa e trumpiano, non è solo il campanello d’allarme di una possibile guerra civile diciamo a bassa intensità negli States, ma ci dà anche il polso – purtroppo – di come certa ideologia minimizzi in nome di un presunto “chi semina vento raccoglie tempesta”. Abbiamo letto qua e là commenti, anche di persone influenti, che lasciano intendere un terrificante “se l’è cercata”.

Come se Kirk – che lascia moglie e due figli e che aveva l’unica colpa di essere un giovane che parlava ai giovani, ma non di ideologia woke, cambiamenti climatici e altre robe simili, bensì di valori conservatori, gli stessi del Maga trumpiano – predicasse odio e razzismo. E anche in quel caso, non sarebbe comunque giustificabile il ricorso alla violenza fino addirittura all’assassinio. A noi preoccupa la situazione negli Usa, ma ancor di più questa scia di pericolosa violenza verbale fatta di “se l’è meritato”. Propaganda post mortem, sulla pelle di un morto ammazzato dalla violenza che – a detta della sinistra – lui stesso propagandava.


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