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Cultura & Spettacolo

Atene: la Pnice e l’Areopago

di Michele Enrico Montesano -


Nell’acropoli di Atene ci sono due luoghi su tutti che fondono Teatro e politica: la Pnice e l’Areopago. Entrambe raccolte, in linea d’aria, nel raggio di 200 metri. La Pnice era il luogo preposto a votare le leggi dell’ekklesía (l’assemblea dei cittadini maschi ateniesi). Incarnava il principio democratico dell’isegoría (“la parità di discorso”, ossia il diritto di ogni cittadino di discutere di questioni politiche). La prossemica non era casuale. I cittadini infatti erano disposti a semicerchio, ricalcando la disposizione spaziale del Teatro. Molti storici greci, fra cui Plutarco, riportano l’interscambiabilità di edifici politici con edifici teatrali. Il Teatro, per la sua forma e per la sua natura rappresentativa, era utilizzato all’occorrenza come luogo politico. Il bema (βῆμα), che in greco significa piattaforma o gradino, era la pietra sulla quale gli oratori salivano per pronunciare i loro discorsi. Alla stregua, un attore saliva gli scalini che lo portavo sul proskènion o sul loghèion. Pace, guerra, alleanze… sul bema sono saliti Pericle, Aristide e Alcibiade, per citarne alcuni. Aveva uno spazio sufficientemente largo per consentire all’oratore di muoversi. La Pnice aveva una cavea, come nei Teatri, che permetteva di seguire l’intervento rivolti verso l’oratore. Molte informazioni sono pervenute grazie al commediografo Aristofane, dove soprattutto nelle commedie Acarnesi e Ecclesiazuse, abbonda di descrizioni e riferimenti. L’Areopago, il cui nome significa “collina di Ares” (Areios Pagos), era un luogo sacro per il dio della guerra e, secondo il mito, qui fu giudicato per l’omicidio di Alirrozio, il figlio di Poseidone. Per questo motivo gli ateniesi istituirono sulla collina la sede del tribunale di Atene. L’Areopago è stato Teatro di un altro importante processo, quello di Oreste per l’omicidio della madre Clitennestra. Eschilo fa pronunciare ad Atena queste parole, rivolgendosi alle Erinni che invocavano la morte di Oreste: “Non siete state vinte, ma in verità uscì fuori con pari voti la sentenza, senza offesa alle vostre prerogative”. Poiché la votazione si concluse con un pareggio, Atena rimarca il
principio democratico dell’isopoliteía, la parità di voto, con la conseguente assoluzione di Oreste.
Dopo aver pronunciato il suo intervento, le Erinni si trasformano in Eumenidi (“benevole”), diventando da forze di vendetta a divinità protettrici della città. Eschilo, simbolicamente, derubrica la vendetta privata delle Erinni, rimettendola alla decisione collettiva del tribunale. Si assiste al passaggio dal diritto arcaico della vendetta, a quello democratico del giudizio condiviso. Teatro e politica sono intrecciati da personaggi pubblici, commediografi, tragediografi, miti e antichi dei. Teatro e democrazia non erano due istituzioni parallele ma due mondi complementari per costruire il singolo e la società.


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