Due facce della stessa medaglia
I conflitti in Ucraina e in Medio Oriente sono scoppiati per ragioni estremamente differenti, forse addirittura opposte, ma l’evoluzione che hanno avuto li portano oggi a rappresentare due facce della stessa medaglia. Non è quindi un caso che le reazioni politiche internazionali all’escalation di cui si è reso protagonista il governo di Tel Aviv abbiano toccato un livello mai raggiunto prima. Proprio come accaduto nei confronti dell’aggressore russo, si inizia a parlare di sanzioni contro Israele e si approvano documenti, da un lato, di condanna per quanto sta avvenendo a Gaza, ma dall’altro di sostegno alla popolazione della Striscia. Il voto con il quale giovedì il Parlamento europeo ha, tra le altre cose, invitato i paesi europei a riconoscere lo Stato di Palestina non ha precedenti ed è sintomatico proprio di come sia mutata la percezione delle operazioni militari volute da Netanyahu. È diventato chiaro, si potrebbe dire pacifico, che lo sterminio dei palestinesi, i proiettili piovuti addosso ai caschi blu in Libano e i razzi sganciati su Doha non hanno nulla a che vedere con il sacrosanto diritto dello Stato di Israele ad esistere e a difendersi dai terroristi e i fondamentalisti di Hamas. Gli eccessi militari hanno fatto cadere la difesa aprioristica delle ragioni storiche di Israele e con esse quel velo di ipocrisia che, forse troppo a lungo, ha in qualche modo scudato negli anni alcune operazioni a dir poco discutibili di Netanyahu, come quelle relative agli insediamenti in Cisgiordania. Finalmente si è giunti a una denuncia corale dei coloni violenti.
Ucraina e Medio Oriente: due facce della stessa medaglia
E non solo, perché tornando ad oggi, proprio come si fa della Russia di Putin, si parla di violazioni del diritto internazionale anche rispetto a Israele. Le grandi democrazie occidentali non mancano di esperire la propria indignazione e la forte condanna per quanto accade in Medio Oriente, al pari di quanto fatto a proposito dei droni russi in Polonia. Il sentiment è cambiato, la narrazione è cambiata, la percezione, collettiva e politica, che si ha del governo di Tel Aviv è cambiata. Chi accusa Israele non è più necessariamente un antisemita e chi difende le ragioni palestinesi non è più etichettabile come un fanatico da centro sociale. È maturata la consapevolezza che Netanyahu sia un male per lo Stato israeliano al pari di come Putin lo è per la Russia. Capi di Stato, di governo e leader politici di tutta Europa si dicono pronti a sostenere la soluzione dei due popoli in due Stati, una cosa impensabile fino a pochi mesi fa. Si respira una condanna dell’efferatezza e della crudeltà della guerra, al di là di chi la provoca. Questo fa la differenza, perché non è stato sempre così.
Torna alle notizie in home