Economia

L’accordo che forse si può sospendere e 19 pacchetti di sanzioni

di Giovanni Vasso -


Kaja Kallas annuncia il 19esimo pacchetto di sanzioni a Mosca, Von der Leyen minaccia di riprendere in mano l’idea, già sorta e abortita a maggio scorso, di sospendere l’accordo economico e commerciale in vigore tra Ue e Israele. Insomma, da un lato, quello russo, c’è una guerra (anche) commerciale che (sebbene spuntata e parzialmente inefficace) è pienamente in corso. Dall’altro, quello di Tel Aviv, si comincia, a distanza di due anni dal fatidico 7 ottobre, a pensare se è il caso di sospendere (non di revocare) in parte (e non del tutto) gli accordi commerciali in essere. Eppure, per quanto riguarda i rapporti con la Russia, e l’irrogazione di sanzioni, l’Europa ha mostrato molto più coraggio. I dati aggiornati al 2021, l’anno precedente alla guerra in Ucraina, l’interscambio parlava di cifre importanti: Mosca era il quinto partner commerciale della Vecchia Europa. L’Ue esportava, in Russia, beni per 89 miliardi di euro importando, a sua volta, merci per ben 158 miliardi. E, per di più, nell’import Ue c’erano tutte le forniture energetiche (a cominciare dal gas) strategiche per la sostenibilità del sistema energetico e produttivo del vecchio Continente. Aver strappato intese e rapporti, tanto faticosamente cuciti insieme da Berlino, ultima Angela Merkel, nel nome della dottrina tedesca della “pace attraverso il commercio” ha portato sconquassi e scompensi all’Europa col sogno green. Che s’è ritrovata a dover pagare l’energia a prezzi spropositati (chissà se le nuove forniture di gnl americano saranno allo stesso prezzo, esorbitante, di quello praticato ai tempi di Joe Biden) e con una Bce che, scambiando le cause dell’inflazione con quelle americane, ha dato il colpo di grazia all’economia praticando politiche monetarie rigidissime. Di cui, oggi, si paga il conto. In Europa, per dirne una, i generi alimentari costano il 39% in più oggi rispetto a qualche anno fa. Con l’aggravante per cui, nonostante le sanzioni, l’import di gas dalla Russia, in realtà (e almeno finora) non è mai davvero finito.

Sarebbe molto più semplice, almeno in teoria, dare un segnale a Israele. Nel 2024, il commercio tra Tel Aviv e l’Ue valeva poco più di 42,6 miliardi di euro, fortemente sbilanciato proprio verso l’Europa che ha esportato in Medio Oriente beni per 26,7 miliardi importandone per un valore pari a 15,9 miliardi. Per lo più macchinari e prodotti del settore chimico. È evidente, però, che il “peso” di Israele sia ben diverso rispetto a quello della Russia: è “solo” il 31esimo partner commerciale per l’Ue. Si tratta, per lo più, di un export altamente tech e strategico sul settore, decisivo, della sicurezza e della Difesa. Ricordate Paragon? C’è, inoltre, tutto il filone energetico. Al di là dell’immenso giacimento Leviathan, le tensioni nell’area hanno portato a far salire (ancora di più) i prezzi delle materie prime energetiche, come accaduto all’epoca della guerra dei dodici giorni con l’Iran che, da subito, s’è giocata la carta della chiusura dello stretto di Hormuz. Tantò bastò, in quei giorni, a far impennare il prezzo del greggio, oggi in caduta libera. Ma questa, per ora, è un’altra storia.


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