Viaggio nel caro vita che consuma il Paese – e non solo –
Per mesi, abbiamo imparato a temere la parola “inflazione” come fosse un nemico invisibile. Dopo anni in cui i prezzi sembravano salire più in fretta degli stipendi, dei risparmi e persino delle speranze di ripresa economica per il nostro Pese, oggi i dati ISTAT sembrano più ottimistici. L’inflazione in Italia si sarebbe fermata – o quasi -. A giugno 2025, l’Istituto nazionale di statistica ha registrato un tasso annuo dell’1,8% circa, in crescita rispetto al +1,5% di gennaio, ma comunque lontano dal +5,7% che aveva segnato in maniera drammatica il 2023. In apparenza, un segnale positivo: l’economia starebbe rallentando e così anche l’aumento dei prezzi si sarebbe ridotto. L’“inflazione di fondo” – quella al netto degli energetici e dei beni più volatili -, resta al 2%. Un dato ancora molto problematico perché è proprio quella che si trova nei consumi quotidiani – alimentari, trasporti e bollette -, e che si continua a pagare maggiormente, anche se ufficialmente “i prezzi non aumentano in maniera significativa”. Secondo sondaggi paralleli tra cui quelli de “Il Sole 24 Ore” evidenziano altre realtà e altre percezioni sul costo tra beni quotidiani e dati relativi all’inflazione. In più, oltre il 60% delle famiglie italiane dichiara di non aver visto miglioramenti concreti e anzi, si vivrebbe sempre con la sensazione di spendere di più per un potere d’acquisto sempre più inferiore. Il governo si è detto “cauto ma ottimista” per il secondo semestre del 2025. Le stime parlerebbero, infatti, di un’inflazione media intorno al +1,5% prevista entro fine anno. I mercati finanziari sorridono, i tassi BCE potrebbero scendere.
Com’è la situazione negli altri Paesi?
In Spagna, a giugno l’inflazione era al +1,3%. In Germania il governo è intervenuto direttamente calmierando, però, le tariffe elettriche. In Francia, l’inflazione è al +2,1%, ma con un welfare che ancora sostiene il sistema. Il portafogli degli italiani, nonostante i dati ISTAT, restano sempre più vuoti e più rapidamente del solito. L’inflazione è un’ombra che diviene sempre più cupa e preoccupante. Un’economia che corre quella italiana, ma che lascia indietro sempre più divari economici e sempre più povertà. Si è chiamato “rimbalzo post-pandemico”, poi è stata definita come una diretta conseguenza delle guerre. Anche il problema dei salari – fermi da decenni – si scontra con un costo della vita che lievita di giorno in giorno. Secondo le stime OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), l’Italia è tra i pochi paesi dove il potere d’acquisto è diminuito – dal 2005 ad oggi -. È un danno sociale silenzioso e latente. I giovani se ne hanno la possibilità lasciano il Paese, altrimenti ritardano l’uscita da casa, la genitorialità, i progetti e i sogni. I dati saranno anche “buoni”, ma chi lavora con un contratto precario sa che il prossimo aumento potrebbe essere quello dell’affitto, ma non quello dello stipendio. E chi è in pensione sa che, in vista dell’inverno, si troverà a dover scegliere se tenere accesa la stufa o mangiare un pasto caldo.
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