Attualità

Inchiesta urbanistica di Milano: depositate le motivazioni del Riesame

di Rita Cavallaro -


La mannaia dei giudici si abbatte sull’inchiesta sull’Urbanistica di Milano. La bocciatura dell’indagine dei pm milanesi sulla presunta corruzione tra gli uffici comunali e un gruppo d’affari che avrebbero messo le mani sui programmi di sviluppo edilizio della città era già arrivata lo scorso 22 agosto, quando anche l’ultimo dei protagonisti della vicenda, il re del mattone Manfredi Catella, si era visto revocare i domiciliari per l’insussistenza delle contestazioni messe agli atti del fascicolo, in cui è indagato anche il sindaco Beppe Sala. Ma ieri, con il deposito delle motivazioni del Riesame sull’annullamento degli arresti domiciliari per l’architetto Alessandro Scandurra e la custodia cautelare in carcere per l’imprenditore Andrea Bezziccheri, è venuta alla luce la gravità di quella bocciatura, che non attiene soltanto la questione delle esigenze di custodia cautelare, ma pare lambire l’impianto accusatorio della corruzione e bacchettare gli stessi magistrati. Perché, secondo i giudici della Libertà, nell’applicazione degli arresti “difetta l’individuazione degli elementi essenziali del reato contestato“. Non è sufficiente la “retribuzione del pubblico ufficiale”, quali sono i membri della Commissione paesaggio che ricevono anche parcelle dai costruttori privati, per derivarne una “violazione del dovere di imparzialità”, ovvero il reato di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio. Al massimo, “sarebbe piuttosto ipotizzabile l’applicazione della fattispecie di abuso di ufficio” in riferimento al funzionario pubblico che “omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio intenzionalmente procuri a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale“, si legge nell’ordinanza emessa dal collegio presieduto da Paola Pendino. Inoltre “non risulta adeguatamente indagata la genesi del patto corruttivo” né “della illecita dazione del denaro/utilità (tenuto conto che tutte le corresponsioni di denaro sono correlate ad attività professionale effettivamente prestata e regolarmente contabilizzata) per poi derivare da tali elementi la vendita della funzione pubblica e l’atto contrario ai doveri d’ufficio”. Insomma, non solo non ci sono indizi di colpevolezza per motivare gli arresti, considerando tra l’altro che pure l’abuso d’ufficio è stato abolito, ma addirittura quelle del giudice per le indagini preliminari di Milano Mattia Fiorentini sarebbero, testualmente, “congetture”, sostiene il Riesame. Il gip, nelle sue valutazioni, rimandando alla richiesta cautelare del pm”, scrive il collegio giudicante Pendino-Ghezzi-Papagno, “omette di considerare le risultanze probatorie nella loro dimensione dinamica riproponendole acriticamente e connotandole di autoevidenza come dimostrano le chiose finali, comuni a tutti gli indagati e ai rispettivi capi di incolpazione, non sussistono dubbi alla luce dei fatti [quali?], delle tempistiche [quali?] e del decorso delle varie pratiche [quali?]” oppure, avuto riguardo al profilo psicologico “stante l’inequivoco tenore delle parole profferite [quali?] e dei comportamenti tenuti [quali?!]”. Per il Riesame “risultano, allo stesso modo, poco esaustive le argomentazioni spese dal giudice con riferimento alle remunerazioni ricevute da Scandurra che si assume essere indebite senza, tuttavia, chiarirne le ragioni se non attraverso il ricorso a congetture: sarebbe sufficiente, per il gip, l’esistenza di un pagamento e lo svolgimento della funzione pubblica in presunto conflitto di interessi per poter ritenere sussistente un accordo corruttivo”. Ed è a questo punto che il Tribunale racchiude l’inconsistenza dell’inchiesta in una sola frase, che sarebbe diretta sia ai pm che al gip di Milano: “La semplificazione argomentativa è svilente”. Al punto che tutto il contesto delle indagini viene “fatto a pezzi” nella parte conclusiva. “Ne emerge, in definitiva, un quadro fattuale confuso”, precisa il collegio, “che non permette di apprezzare se Scandurra avesse concretamente polarizzato attorno a sé una cerchia di imprenditori risoluti a pagarlo per ottenere l’aggiudicazione di pareri favorevoli dalla Commissione per il Paesaggio”.  


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