Paolo Feltrin: “Serve il candidato civico o la figura istituzionale, non di partito”
Professor Paolo Feltrin, il centrodestra non scioglie il nodo del candidato in Veneto. Perché questa lunga attesa?
“Si cerca di guadagnare tempo. È un gioco retorico: perché più avanti si va, più diventa difficile costruire liste alternative”.
Si è parlato molto della cosiddetta “lista Zaia”. Esiste davvero come opzione autonoma?
No, la lista Zaia non esiste, non può esistere. Le regionali sono elezioni politiche a tutti gli effetti. Se Zaia si presentasse con una lista autonoma dal centrodestra, il governo nazionale andrebbe in crisi. In regioni cruciali come Lombardia e Veneto non è mai successo che la coalizione fosse diversa da quella che governa a Roma”.
Quale via d’uscita vista l’impasse?
“La più semplice è quella di un candidato civico o istituzionale. Parlo di una figura non immediatamente etichettabile come uomo di partito: non un leghista puro, non un fratello d’Italia dichiarato. È accaduto in Liguria, dove il centrodestra ha vinto con un profilo civico-istituzionale, ed è accaduto a Genova sul fronte opposto”.
Può fare qualche nome per il Veneto?
“Se si guarda a profili civici (Zoppas), potrebbero emergere figure legate al mondo delle professioni o delle istituzioni locali. Se invece si pensa a un candidato istituzionale, i riferimenti nazionali non mancano: penso al vicepresidente del Csm, Fabio Pinelli, o a ministri di peso come Carlo Nordio”.
Che differenza ci sarebbe rispetto a un candidato di partito?
“Una differenza sostanziale. Un candidato civico costa meno, in termini di trattativa politica. Se invece la scelta cade su un esponente esplicito della Lega o di FdI servono contropartite pesanti. La politica funziona così: ti do qualcosa e mi dai qualcos’altro. È la grammatica dello scambio.
La decisione si prende a Roma.
“Esatto. Le materie di scambio sono tutte romane. Gli accordi veri li fanno i leader nazionali. È stato così anche per Zaia: nel 2010 fu Berlusconi ad annunciare la sua candidatura, non un dirigente veneto. Le regionali hanno valore politico nazionale, per questo i giochi si decidono nella Capitale”.
Da politologo, quando arriverà la scelta?
“Difficile prima di Pontida o subito dopo, direi a cavallo delle elezioni nelle Marche. Ma non si può tirarla troppo lunga: le elezioni vanno indette 50 giorni prima del voto”.
Quali conseguenze potrebbe avere la scelta tra un candidato leghista e uno di Fratelli d’Italia?
“Se la candidatura sarà leghista, il nome più probabile è Alberto Stefani. Se sarà di Fratelli d’Italia, il partito di Meloni dovrà rinunciare a un’altra regione dove alle europee ha toccato il 37%. In cambio, otterrebbe altre garanzie nazionali. Viceversa, la Lega con un proprio candidato potrebbe rimettere in moto consensi e drenare voti a FdI”.
Alla fine, chi ha il vantaggio?
“Nessuno può saperlo ora. È una partita complessa, forse mai così intricata da quando esiste l’elezione diretta dei governatori. Proprio per questo la soluzione più logica resta quella di un candidato civico o istituzionale: una scelta che divide meno, richiede meno scambi e rende più semplice la campagna elettorale”.
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