Giustizia

Oggi il voto sulla riforma della Giustizia, ma si guarda già al referendum

Il voto dell'emiciclo di Montecitorio è previsto alle 12

di Giuseppe Ariola -


Oggi alle 12 l’aula della Camera sarà chiamata a esprimersi sulla riforma della Giustizia. L’esito del voto appare scontato, anche perché la maggioranza, dopo le numerose assenze che si sono registrate nell’emiciclo di Montecitorio negli ultimi giorni, provocando non poca agitazione in entrambi gli schieramenti, ha serrato le file. Per portare a casa il risultato, trattandosi della seconda lettura alla Camera del disegno di legge di rango costituzionale, occorrono 201 voti a favore, la maggioranza assoluta. Numeri alla mano, si stima che l’asticella dei ‘sì’ si fermerà oltre questa soglia minima.

I numeri della maggioranza

La presenza in aula di ministri e sottosegretari, anche loro cooptati dai rispettivi partiti per sostenere la riforma della giustizia, dovrebbe infatti garantire tra i 215 e i 220 voti a favore del provvedimento che introduce la separazione delle carriere in magistratura e, di conseguenza, lo sdoppiamento del Csm, i cui componenti, sia laici che togati, non saranno più eletti ma sorteggiati. Modifiche che continuano a vedere la netta contrarietà delle forze di opposizione e dell’Anm che si sostengono a vicenda nella forte contrapposizione alla riforma messa a punto dal governo. Al di là dell’iter parlamentare, che anche in occasione dell’ultima lettura al Senato, prevista entro la fine dell’anno, molto difficilmente regalerà sorprese, la vera partita sarà quella delle urne, dove a decidere non saranno né i parlamentari né il sindacato delle toghe, ma i cittadini.

Il referendum

Non è dunque un caso se, ormai a ridosso dell’approvazione definitiva della riforma della giustizia, l’attenzione si sia già spostata sul referendum. I toni degli interventi alla Camera che si sono susseguiti negli ultimi due giorni sono infatti quelli tipici da campagna elettorale e i riferimenti alla consultazione popolare sono stati tutt’altro che velati. E se la maggioranza si dice fiduciosa e sottolinea come “il referendum sia un esercizio di democrazia”, l’opposizione ha lanciato un vero e proprio guanto di sfida. “Ci impegneremo affinché al referendum prevalgano i no alla vostra arroganza, i no a una giustizia dei potenti, alla compressione delle garanzie democratiche dei cittadini”, ha detto Elly Schlein intervenendo nell’emiciclo di Montecitorio con toni molto simili a quelli adottati dal Movimento 5 Stelle. Leggermente più morbida, invece, Maria Elena Boschi che, nell’annunciare l’astensione di Italia Viva sul provvedimento, ricorda alla maggioranza, “per esperienza”, che l’idea di vincere il referendum “si trasformerà in una sconfitta cocente”. Il fermento legato al referendum si registra però ben oltre le sedi parlamentari, come dimostra la polemica innescata da Maurizio Gasparri, presidente del gruppo azzurro al Senato, e dal senatore di Fratelli d’Italia Sergio Rastrelli contro il giudice di Magistratura democratica Marco Patarnello. Secondo i due esponenti del centrodestra, il magistrato avrebbe chiesto ai colleghi di dichiarare preventivamente come intendono esprimersi al referendum. Insomma, il Parlamento non si è ancora espresso in maniera definitiva sulla riforma della giustizia, ma la campagna referendaria sembra essere già entrata nel vivo.


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