Ceto medio, il taglio Irpef: le ipotesi allo studio del governo
Taglio dal 35% al 33% fino (forse) ai redditi da 60mila euro,
Il viceministro all’Economia Maurizio Leo riporta il ceto medio al centro del dibattito sulla manovra e lancia l’idea di sforbiciare l’aliquota Irpef, facendola scendere dal 35% al 33%, per famiglie e cittadini che rientrano nella fascia di reddito che va tra i 28mila e i 50mila euro. Riservandosi, contestualmente, il diritto ad allargare gli sgravi “sino ai 60mila euro”. Le parole dell’esponente del Mef, intervenuto ieri a Telefisco de Il Sole 24 Ore, hanno riaperto il confronto sul futuro del ceto medio e le strategie del governo, basate appunto sulla limatura dell’Irpef per ottemperare alle promesse di abbassare, almeno un po’, la pressione fiscale. “Sappiamo che questo interesserebbe 13,6 milioni di contribuenti, quindi è una misura avvertita di cui diciamo c’è esigenza – ha spiegato Leo – e si muove poi sulla falsariga di quello che abbiamo sempre detto anche nella delega fiscale, e l’abbiamo già realizzata per i redditi medio-bassi, dove abbiamo fatto un intervento periodico, quindi congiunturale solo per il 2024 e abbiamo reso strutturale questa misura, dal 2025 in poi”. Facile a dirsi, la sfida sarà al solito a trasformare le promesse in realtà: “Bisogna trovare le risorse, questa è un’opera molto complessa anche dobbiamo avere i dati sull’economia nazionale da parte di Istat, si debbono fare ancora degli affinamenti sul reperimento delle risorse”, ha aggiunto Leo. Insomma, bisognerà prima verificare quanto si ha in cassa, quali saranno le spese a cui il governo non potrà sottrarsi (e qui c’è la questione della sicurezza e della Difesa che incombe, insieme ai paletti del Patto di Stabilità) e solo dopo si potrà avere un quadro chiaro dello scenario. Le parole del viceministro, però, hanno già registrato delle reazioni. Come quelle che arrivano dalla politica, in particolare dal presidente dei senatori di Forza Italia Maurizio Gasparri che si è detto soddisfatto perché il governo ha preso in considerazione la proposta presentata proprio dagli azzurri, che continuano a parlare della necessità di tutelare il ceto medio, in materia di Irpef. E poi, le considerazioni a proposito, arrivano anche dal mondo produttivo e delle categorie. Confcommercio aveva già spiegato di essere favorevole a una sforbiciata Irpef e lo aveva fatto durante l’incontro tenutosi mercoledì proprio con il viceministro Leo. “E’ urgente ridurre la seconda aliquota Irpef dal 35% al 33% ed innalzare il corrispondente scaglione di reddito da 50.000 euro a 60.000 euro. Inoltre, al fine di sostenere i redditi medio-bassi e dare un impulso ai consumi, si dovrebbe giungere, gradualmente, alla detassazione delle tredicesime mensilità”, aveva asserito la vicepresidente Donatella Prampolini. Che aveva proseguito: “Per le imprese bisogna rendere strutturale la maggiorazione del costo del lavoro ammessa in deduzione ai fini Irpef ed Ires per i nuovi assunti a tempo indeterminato, nonché l’Ires premiale per le società che investono in innovazione e creano nuova occupazione”. Sul capitolo Ires premiale, Leo si è detto disponibile a ragionare così come si è mostrato aperto alla ad “aggiungere anche u meccanismo di rivalutazione, di rivisitazione delle detrazioni in relazione al nucleo familiare” pur nella consapevolezza che si tratta di “temi che vanno trattati congiuntamente” per quanto tecnicamente differenti.
E mentre Matteo Salvini rilancia l’idea di ritassare le banche asserendo di voler incontrare gli amministratori delegati degli istituti di credito italiano per spiegar loro che “se chiuderanno con 42 miliardi di guadagni invece di 46 non sarà un problema”, cogliendo una pur parziale apertura da parte dell’ad di Banco Bpm Giuseppe Castagna, secondo cui le banche sono “sempre contente di soddisfare qualche esigenza” e riconoscendo che “discussione è ancora agli inizi”, Confindustria fa quadrato attorno alle sue proposte e chiama anche i sindacati per tentare di fare squadra in vista della manovra. L’incontro, tenutosi l’altra sera tra gli industriali, Cgil, Cisl e Uil è servito a tastare il terreno e si è concluso tra reciproche dichiarazioni di apertura e disponibilità. Orsini, dal Salone nautico di Genova, è tornato a parlare di “coraggio” e “visione di politica industriale a lungo termine” ricordando a Giorgetti e al Mef che “abbiamo in scadenza quasi tutte le misure a sostegno dell’impresa: Industria 4.0 finisce, Industria 5.0 sta finendo, la Zes va in chiusura e Ricerca e sviluppo non sta dando i risultati sperati”.
Torna alle notizie in home