MOSE, opera costosa ma ha salvato danni per 2,6 miliardi
Cento sollevamenti in poco più di quattro anni, decine di milioni l’anno per tenere Venezia all’asciutto. Sono i numeri del MOSE, il sistema di dighe mobili in funzione dall’ottobre 2020 e che, a oggi, ha salvato la città lagunare da danni stimati dal Ministero delle Infrastrutture in oltre 2,6 miliardi di euro. Una matematica impietosa ma rassicurante: l’opera costa, ma senza di essa Venezia sarebbe già sprofondata in un conto salatissimo di allagamenti, restauri, chiusure di attività e degrado. Il dato emblematico è quello del 22 novembre 2022, quando l’acqua spinse fino a 1,87 metri. Quel giorno le paratoie del MOSE si sollevarono e il centro storico rimase praticabile. Senza l’intervento, la Piazza e l’intera città si sarebbero trasformate in una laguna interna. E ancora più significativo è il trend: la maggioranza delle attivazioni, ben 44 su 100, non riguarda le maree eccezionali, ma quelle ormai ordinarie, tra 80 e 110 centimetri. Sono le acque medie, moltiplicate dal cambiamento climatico, a imporre un utilizzo sempre più frequente del sistema. Ogni alzata delle quattro barriere alle bocche di porto di Lido, Malamocco e Chioggia costa circa 300 mila euro. Con decine di interventi all’anno, la spesa cumulata supera diversi milioni. Ma il bilancio resta positivo: i calcoli del ministero delle Infrastrutture stimano in 2,6 miliardi i danni evitati in meno di cinque anni. È la conferma che il MOSE non è un lusso, ma una condizione di sopravvivenza per Venezia. Non basta però alzare le paratoie. La città richiede un sistema integrato di difesa, capace di gestire anche gli scenari in cui il MOSE non può intervenire senza compromettere l’equilibrio della laguna o bloccare il traffico marittimo. Qui si inserisce il progetto di impermeabilizzazione di Piazza San Marco, pensato per proteggere l’area monumentale fino a quota 110 centimetri. Il cantiere del secondo lotto è stato appena avviato: 10 milioni di euro per il nuovo pontile Todaro e un frangiflutti galleggiante. Sarà la Marciana scarl a realizzare le opere. “Abbiamo avuto l’assegnazione a luglio – spiega Fabio Dolfato, presidente della consortile -. Contiamo di partire con la costruzione del frangiflutti entro ottobre”. Una struttura di 30 metri, con pompe sommerse capaci di deviare verso la laguna l’acqua che altrimenti invaderebbe la Piazza. Il progetto vale 53 milioni: 28 già finanziati, 25 ancora da trovare per completare l’ultimo lotto. Un tassello mancante che pesa come una spada di Damocle: senza quei fondi, Piazza San Marco resterà protetta a metà. Eppure la posta in gioco è evidente. Se il MOSE ha il compito di fermare il mare, l’impermeabilizzazione locale deve garantire la fruibilità della piazza, evitando che le acque medie costringano turisti e veneziani alle passerelle. Venezia è un laboratorio mondiale di adattamento al cambiamento climatico. La sfida non è solo tecnica ed economica, ma politica e culturale. Gli oltre 100 sollevamenti sono già un bilancio provvisorio di sopravvivenza, una fotografia di quanto la città dipenda da un’opera discussa e ora indispensabile. Ma adesso bisogna trovare i 25 milioni per completare l’impermeabilizzazione di San Marco. Perché un patrimonio dell’umanità non può restare metà protetto e metà sommerso.
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