Esteri

Incursioni e divisioni: la pace in Ucraina non è mai stata così lontana

Non si parla più di sedi per i negoziati, ma di muri anti-droni e regole d'ingaggio

di Ernesto Ferrante -


Da qualche tempo la lontananza dalla pace in Ucraina non si misura più in giorni, ma in dichiarazioni. Parole pesanti come pietre stanno seppellendo la prospettiva di negoziati risolutivi. A far schizzare alle stelle la tensione già alta, ci ha pensato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che ha ammonito Mosca a fermare la guerra o i leader del Cremlino dovranno nascondersi nei bunker. La presidenza russa ha definito “irresponsabili” le sue minacce. Zelensky durante un incontro a porte chiuse con Donald Trump a New York, a margine dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, ha chiesto al presidente statunitense i missili Tomahawk, sostenendo che il sistema di armi avrebbe contribuito a portare Vladimir Putin al tavolo delle trattative. Secondo Axios, il tycoon avrebbe risposto: “Ci lavoreremo”.

La replica russa alle accuse di incursioni volontarie

Il portavoce presidenziale russo Dmitry Peskov, nel corso di un punto stampa, ha affermato che le dichiarazioni degli Stati europei in merito alle violazioni dei propri spazi aereo da parte dell’aviazione russa, sono accuse prive di fondamento. In merito, invece, alla possibilità che le difese degli Stati dell’Alleanza Atlantica possano abbattere gli aerei militari russi che dovessero sorvolare i cieli europei, Peskov si è limitato a ridurre il tutto ad uscite “molto irresponsabili”.

La situazione nel fronte Nato

Gli alleati Nato sono divisi tra loro su come rispondere alle violazioni degli spazi aerei. Anche la pubblicazione del comunicato congiunto dell’Alleanza atlantica lo scorso martedì, quando si è tenuta la riunione del Consiglio Atlantico su richiesta dell’Estonia per discutere dell’incursione di tre caccia russi, è stata tribolata. A fronteggiarsi sarebbero stati due fronti contrapposti: quello dei “falchi” (Polonia e Paesi baltici in primis), sostenitori della linea dura, e quello delle “colombe” (Germania e Stati dell’Europa meridionale), più orientati alla moderazione.

Gli esponenti del primo volevano che la dichiarazione congiunta dopo la riunione chiarisse che qualsiasi ulteriore violazione da parte della Russia, inclusi velivoli con equipaggio, sarebbe stata affrontata con la forza. Ma alla fine ha prevalso la linea del secondo, che ha spinto per rimuovere quel linguaggio nel timore che potesse essere “troppo provocatorio”. Nella discussione ha pesato anche l’intervento del Comandante supremo della Nato in Europa, il generale Alexus Grynkewich, il quale ha spiegato come l’incursione russa in Estonia fosse probabilmente accidentale, dovuta alla scarsa esperienza e formazione dei piloti.

La stesura finale, che fa riferimento al potenziale ricorso a “tutti gli strumenti militari e non necessari per difenderci e scoraggiare tutte le minacce”, è il risultato di un compromesso, stando alla Cnn.

La pace in Ucraina è lontana

Diversi Paesi Ue e funzionari Nato spingono per avviare il progetto che prevede la costruzione di un “muro anti-drone”, come annunciato dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen a inizio settembre. Non facile da dirimere è la questione delle regole di ingaggio per armi automatizzate e la gestione delle incursioni nello spazio aereo “quando le intenzioni non possono essere determinate”. L’Alleanza non ha l’autorità di agire ovunque.

Il “muro anti-drone” rientra nel più ampio e strutturato “Eastern Flank Watch” (sorveglianza del fianco orientale) e prevede anche un “muro terrestre” con sistemi anti-mobilità e un “muro marittimo”, espressamente richiesto da Romania e Bulgaria, bagnate dal Mar Nero.

L’Europa non è l’unica responsabile della sorte dell’Ucraina, ha sottolineato l’Alta rappresentante dell’Unione europea Kaja Kallas nel corso un’intervista a Politico. Per Kallas è stato Donald Trump a promettere “di fermare le uccisioni”. La diplomatica europea ha osservato che “l’America è il più grande alleato della Nato”, quindi, “se parliamo di cosa dovrebbe fare la Nato, questo significa anche cosa dovrebbe fare l’America”.

Budapest ha ribadito che non può fare a meno del petrolio e del gas russi. L’Ungheria è un Paese senza sbocco sul mare, privo di diporti marittimi o oleodotti alternativi. Se le venisse tagliato l’accesso al petrolio e al gas russi, la sua economia subirebbe un calo del 4%, con ricadute importanti per le famiglie, dato che le bollette energetiche avrebbero un’impennata. “Non ci piegheremo alle richieste di Bruxelles: la nostra sicurezza energetica e le nostre famiglie vengono prima di tutto”, ha scritto Viktor Orban su X. Alleati sì, ma senza perdere di vista i peculiari interessi strategici in un’Ue molto divisa.


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