Caso Garlasco: si tracciano soldi e movimenti sospetti
La corruzione in atti giudiziari e la caccia ai soldi in contanti che manda in tilt la difesa di Andrea Sempio. Perché se fino a qualche giorno fa il “partito” dell’opposizione alla nuova inchiesta di Pavia, che accusa il 37enne dell’omicidio di Chiara Poggi in concorso con altre persone, raccontava di fuffa, sogni e sicari, ora che i pm di Brescia hanno indagato l’allora procuratore aggiunto Mario Venditti con l’ipotesi accusatoria di essersi fatto corrompere per archiviare Sempio, si è formata una crepa nel muro di omertà che avvolge Garlasco da oltre 18 anni, da quella mattina del 13 agosto 2007 in cui Chiara è stata trovata ammazzata nella villetta di via Pascoli, in un delitto cruento per il quale è stato condannato a 16 anni il fidanzato Alberto Stasi.
E ieri il generale Luciano Garofano ha rinunciato al suo ruolo di consulente di Andrea Sempio. Ad accendere i riflettori sull’archiviazione lampo del fascicolo del 2017 contro Sempio, aperto come atto dovuto da Venditti dopo la denuncia della difesa di Stasi che aveva rivelato il Dna dell’amico di Marco Poggi sotto le unghie della vittima, è stato l’appunto scovato durante la perquisizione nella villetta dei Sempio lo scorso 14 maggio: “Venditti / gip archivia X 20. 30. euro”. Per la Procura di Brescia quel biglietto, trovato in un libro, sarebbe il principio, al quale si aggiungono, oltre a una serie di elementi secretati, gli approfondimenti della Guardia di Finanza, che hanno evidenziato “una serie di movimentazioni anomale”, avvenute tra il dicembre 2016 e il giugno 2017, sul conto dei genitori di Sempio: le zie paterne, Silvia e Ivana, hanno emesso assegni per 43mila euro a favore del fratello Giuseppe e, nello stesso periodo, il padre e Andrea hanno effettuato una serie di prelievi in contanti per 35mila euro, mentre altri 5 sono stati trasferiti da Giuseppe con un assegno al fratello Patrizio.
A gravare sulle movimentazioni di contanti sospette ci sono i passaggi delle intercettazioni non trascritti nei brogliacci, sostituiti con “incomprensibile” o “non rilevante”. Tra questi, i pm indicano “il riferimento” del padre di Sempio alla “necessità di “pagare quei signori lì”” con “modalità non tracciabili“. Frasi che, scrive la Procura, erano di “forte valenza indiziaria”. E ancora, tra le tante conversazioni omesse dalle quali emergerebbe che Sempio sarebbe stato aiutato, sia con la consegna di atti coperti da segreto sia con l’anticipazione delle domande che avrebbe fatto il pm nell’interrogatorio, è stata resa nota un’altra nelle ultime ore, che ha come protagonista il carabiniere in pensione Giuseppe Spoto, che nel 2017 ha firmato con il suo superiore Silvio Sapone quei brogliacci pieni di “incomprensibile” nei momenti clou, quando invece il dialogo era forte e chiaro.
L’intercettazione, mandata in onda a Quarta Repubblica di Nicola Porro, è dell’8 febbraio 2017, giorno in cui, per gli inquirenti Spoto avrebbe incontrato Sempio per una semplice notifica dell’invito a comparire per l’interrogatorio fissato per il 10 febbraio, rimanendo con lui oltre un’ora, dalle 16.35 alle 17.45. “Andrea? Sì, sono il maresciallo. Scusa se ti disturbo sul cellulare. Arriverò per le 16.30. Dammi ancora mezz’ora perché così almeno riusciamo a fare due chiacchiere. Ok?”, dice il carabiniere che chiama l’indagato direttamente al cellulare.
Sempio avvisa dunque il suo avvocato, che gli suggerisce di richiamarlo non appena il carabiniere arriva. E alle 16.35 lo richiama, passandogli Spoto. Il penalista, dopo aver chiarito di che atto si trattava, aggiunge “glielo lasci, poi ne notifica una copia anche a noi. Mi dice qualcosa o non mi dice niente lei?”, chiede per capire che aria tira. “Cosa vuol sapere? Quello che posso dire… Non so, perché io sono un semplice ambasciatore. Sa come si dice? Ambasciatore non porta pena. Penso che, insomma, così… Se vogliono parlargli, veda lei, insomma, tiri le sue conclusioni”, risponde Spoto. Insomma, per gli investigatori Sempio sarebbe stato aiutato e gli oltre 40mila euro spariti dai conti sarebbero il prezzo per quell’aiuto.
E ora che i finanzieri seguono i soldi, l’avvocato Massimo Lovati lancia messaggi. Come quello dello scorso venerdì, con le perquisizioni in corso a casa di Venditti e dei Sempio, quando ha detto in mondovisione una semplice frase: “io non difendo gli infami”. E quando i genitori di Sempio si sono giustificati, sostenendo che quel denaro in nero sarebbe stato dato agli avvocati, Lovati, seppur farfugliando, ha tenuto quella versione. Per essere infine del tutto smentito dai suoi colleghi di allora, Federico Soldani e Simone Grassi, che al Tg1 hanno chiarito di non aver preso nemmeno un euro da Sempio, ma di essere stati ripagati con la visibilità mediatica. E così, in quello che si delinea come un grumo di potere del sistema Pavia, ora nel caso Garlasco si seguono i soldi.
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