Policoro: il giallo riaperto nuovi documenti choc
A distanza di quasi quarant’anni, il caso di Luca Orioli e Marirosa Andreotta torna a scuotere la giustizia. I due giovani studenti, entrambi ventunenni, furono trovati senza vita la sera del 23 marzo 1988 in una villetta di Policoro, in Basilicata. Una tragedia che allora venne archiviata come incidente domestico: folgorazione durante un bagno o, secondo un’altra ipotesi, intossicazione da monossido di carbonio. Ma la madre di Luca, Olimpia Fuina, non ha mai creduto a quella ricostruzione. Per decenni ha chiesto la riapertura del caso, convinta che il figlio e la fidanzata non fossero morti per fatalità ma per mano altrui. Oggi, nuove carte sembrano darle ragione. L’avvocato Antonio Fiumefreddo, legale della famiglia Orioli, ha depositato alla Procura generale di Potenza un’integrazione all’istanza di avocazione delle indagini. Al centro vi sono i risultati della perizia criminologica e medico-legale del professor Francesco Bruno e del suo collegio di specialisti: documenti che già negli anni ’90 avevano escluso l’ipotesi di un incidente.
Giallo di Policoro. Non poteva essere un incidente. I dettagli emersi
Gli elementi messi in fila sono inquietanti: lesioni violente sui corpi (colpo alla nuca per Marirosa, trauma ai genitali per Luca, ecchimosi al volto e al collo), la presenza di schiuma polmonare, il cosiddetto “fungo schiumoso”, segno tipico di annegamento, e manipolazioni della scena del crimine, con corpi e oggetti spostati. A ciò si aggiungono testimonianze contraddittorie sulla dinamica del ritrovamento. Secondo Fiumefreddo, si tratta di indizi che non lasciano spazio a dubbi: “Luca e Marirosa non morirono per un incidente, ma furono vittime di un duplice omicidio mascherato da tragedia domestica”. La tesi dell’incidente rimane però quella riportata nei fascicoli ufficiali. Già nel 1989 il giudice istruttore Michele Salvatore aveva chiesto ulteriori accertamenti, non convinto della pista accidentale. Più tardi anche il pm Luigi De Magistris arrivò a parlare apertamente di duplice omicidio. Nonostante queste voci, la Procura di Matera ha più volte rigettato le richieste di riapertura. Negli anni si è arrivati perfino alla riesumazione dei corpi: perizie successive, pur senza raggiungere la certezza giudiziaria, hanno lasciato aperta la strada dell’omicidio. Ma nessun passo definitivo è stato compiuto.
Dopo 37 anni si cerca la verità
Ora, a distanza di 37 anni, emergono documenti inediti. Tra essi, un’annotazione della Guardia di Finanza redatta nell’ambito dell’inchiesta “Toghe lucane” e delegata dal pm De Magistris. Vi si riportano le dichiarazioni di testimoni, tra cui un ufficiale dei Carabinieri e altri militari, che parlarono esplicitamente di una pista omicidiaria, facendo nomi e riferendo circostanze concrete.
“Sorprende – osserva Fiumefreddo – che in tutti questi anni l’Autorità non abbia di propria iniziativa acquisito documentazione così rilevante”. Per il legale, lo Stato ha un debito di verità: “Dopo quasi quarant’anni, le famiglie meritano un accertamento pieno sulle responsabilità”.
Il giallo dei “fidanzatini di Policoro” continua dunque a resistere al tempo. Tra perizie contrastanti, archiviazioni e nuove rivelazioni, resta la voce ostinata di una madre che non ha mai smesso di chiedere giustizia.
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