Cento milioni in 5 anniI costi elevati del Mose“spaventano” Venezia
Cinque anni, più di cento alzate, un conto che supera i cento milioni l’anno della manutenzione complessiva. Il Mose, la grande barriera mobile costruita per proteggere Venezia dalle maree e costata 6 miliardi di euro, è oggi una macchina imponente e fragile allo stesso tempo: un’opera che salva la città, ma dissangua i bilanci pubblici. Ogni sollevamento delle 78 paratoie sparse tra Lido (21 e 20), Malamocco (19) e Chioggia (18) costa in media quasi 300 mila euro, cifra che comprende energia, personale e logistica. E a ogni marea sostenuta la domanda torna a galla: quanto potrà durare questo modello di gestione? Il sistema, spiega Roberto Rossetti, presidente dell’Autorità per la laguna, “è indispensabile, ma nato con un presupposto economico irrealistico: le manutenzioni dovevano essere una voce marginale, invece sono diventate strutturali. In cinque anni abbiamo alzato il Mose 109 volte, e questo significa una spesa di oltre 25 milioni solo per le attivazioni. Ma la vera sfida è tenerlo efficiente: l’acqua salmastra corrode tutto”.
Il problema non è solo la frequenza dei sollevamenti, ma il costo crescente della manutenzione ordinaria. Ogni paratoia, spiega la relazione del Provveditorato alle opere pubbliche, “ha un ciclo di revisione di 5-10 anni e un prezzo medio di 4,5 milioni di euro”. Le stesse, quando furono acquistate, costavano 1,3 milioni l’una. “Significa – ammette Rossetti – che oggi ricomprarle nuove costerebbe meno che ripararle. Un paradosso tecnico ed economico che non può essere ignorato”.
A chiedere la verifica è stato Devis Rizzo, presidente di Legacoop Veneto: “Bisogna capire se conviene rigenerare le paratoie o ripartire da capo. Il Mose è una macchina titanica, ma l’usura dei materiali e la lentezza dei cicli manutentivi rischiano di renderlo insostenibile. Chiediamo uno studio di fattibilità indipendente”. Rizzo, che rappresenta le cooperative subappaltatrici storiche del Consorzio Venezia Nuova, ricorda anche come “negli ultimi anni la gestione sia stata spezzettata in micro-lotti, rallentando tutto il sistema. Servono regole chiare e continuità operativa”. Non bisogna scordare lo scandalo Mose con la maxinchiesta della Procura di Venezia, all’epoca coordinata dall’attuale ministro della Giustizia Carlo Nordio, scattata pubblicamente nel giugno 2014, che ridisegnò il sistema degli appalti.
Il tema della gestione del sistema di dighe mobili divide tecnici e politici
Per Elisabetta Zincone, prima presidente del Consorzio dopo la fase giudiziaria, “era chiaro fin dal primo sollevamento, il 3 ottobre 2020, che il Mose non sarebbe bastato da solo. Le manutenzioni, se non programmate con regolarità, diventano un danno enorme. E l’aumento del livello medio del mare, anche di pochi centimetri l’anno, imporrà nuovi interventi”.
COSTI FISSI
La questione più spinosa resta quella dei costi fissi. Ogni anno la sola gestione tecnica e amministrativa richiede oltre 100 milioni di euro, tra energia, personale, sistemi di pompaggio, controlli elettronici e sostituzione dei giunti. “È come mantenere un ospedale in mare aperto”, dice Andrea Zitelli, componente della Commissione Via del Ministero dell’Ambiente. “Il problema non è il Mose in sé, ma la strategia con cui si pensa di farlo durare. Se concentriamo tutte le risorse nella manutenzione senza pensare a un piano di riallineamento al cambiamento climatico, tra dieci anni saremo punto e a capo”. Il paradosso economico si spiega anche con l’origine del progetto. Quando, vent’anni fa, fu deciso il modello di paratoie a cassone mobile, i costi di produzione erano minori e la logica era quella della sostituzione periodica. Oggi, invece, ogni intervento richiede mesi, pontoni speciali e una sequenza di operazioni subacquee che fanno lievitare i tempi e i bilanci. “Una singola revisione costa quanto il 70% di una nuova fornitura”, conferma una fonte del Consorzio Venezia Nuova. “Semplicemente non era stato previsto che il sistema dovesse rimanere in funzione per decenni con maree sempre più frequenti”. Intanto, Venezia continua a sollevarsi e a respirare grazie a quella barriera gialla che emerge dall’acqua come un miracolo d’ingegneria. Ma dietro ogni manovra ci sono conti e tensioni. Le imprese che si occupano della pulizia dei cassoni, come la Pulire, coinvolta nel ciclo di sanificazione subacquea, denunciano che “il sistema attuale non garantisce regolarità né sostenibilità”. Rizzo lo riassume così: “Pulire è un’impresa titanica. Ma senza una governance stabile, anche la più grande opera d’Italia rischia di annegare sotto il peso dei propri costi”.
L’immagine simbolo del Mose, quella delle paratoie sollevate al tramonto, resta potente. Ma dietro lo spettacolo di Venezia salva dall’acqua alta si muove una macchina che consuma denaro, acciaio e tempo.
E la nuova sfida, come ammette Rossetti, “non è più farlo funzionare, ma capire come mantenerlo senza dissanguare lo Stato”. Forse la vera domanda, oggi, è se Venezia potrà permettersi questo Mose così onnivoro finanziariamente anche nei prossimi trent’anni.
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