Crisi in Francia: Lecornu si dimette, Macron in bilico. Il macronismo è finito?
Il Premier Lecornu resiste 27 giorni: un record… ma al contrario. Macron sempre più solo nella sua piramide. Vecchioni: “È lui il problema, non la soluzione”. Un Presidente sempre più solo (e in replay continuo)
Cinque primi ministri in meno di due anni: più che una crisi di governo, sembra un casting per un reality. Ma la ritirata lampo di Sébastien Lecornu segna qualcosa di più di una semplice défaillance politica: è forse il sipario che cala (con stanchezza) sull’era del macronismo, e con essa su una certa idea di democrazia liberale “all’Européenne”.
Lecornu, designato da Macron per guidare una squadra pronta a tagliare, tagliare, tagliare (e possibilmente farsi odiare con stile), ha mollato stamattina. “Non c’erano le condizioni per restare”, ha detto. Tradotto: nessuno voleva giocare con lui. E nemmeno con Macron, a dirla tutta.
Dalla manovra al fallimento: il piano Bayrou e il naufragio Lecornu
L’avventura di Lecornu era cominciata già sotto una stella sbiadita: dopo il fallimento del “piano Bayrou”, Macron aveva pescato Lecornu nella speranza che il giovane prodigio della destra moderata riuscisse dove altri avevano fallito. Ma anche lui si è scontrato con l’Assemblea Nazionale, ormai più litigiosa di un cenone di Natale tra cugini di opposte ideologie.
Il suo compito? Portare a casa la manovra 2026, centrata sull’austerità. Il risultato? Neanche il tempo di sistemare le foto negli uffici di Matignon. Il governo è durato meno di un abbonamento gratuito a una piattaforma streaming.
Un Governo morto prima di nascere (letteralmente)
Ventinove giorni. Meno di un mese. Nemmeno il tempo di imparare a rispondere al telefono da primo ministro, e Lecornu è già un ex. La velocità con cui ha fatto le valigie fa sembrare breve perfino il mandato di Liz Truss nel Regno Unito.
«Un Governo morto prima di nascere! Non si era mai visto! A questo punto Macron dovrebbe trarre le conclusioni che si impongono: ridare la parola ai cittadini con nuove elezioni. Non solo politiche, ma anche presidenziali. Oramai lui, Macron, non rappresenta più la soluzione del problema, è diventato il problema!»
Parola dell’ambasciatore e storico Domenico Vecchioni, che raramente usa parole leggere, ma questa volta è andato giù dritto come un colpo di ghigliottina retorica. Un giudizio che trova sempre più ascolto, non solo tra gli osservatori, ma anche tra elettori stanchi, disillusi e, a questo punto, piuttosto divertiti dall’instabilità cronica del sistema.
Il crollo del macronismo (versione lunga)
L’idea originaria era geniale: superare destra e sinistra, governare “dal centro”, riunire il Paese con la forza della razionalità e dell’efficienza. Poi, come spesso accade con le grandi ambizioni, è arrivata la realtà. E ha presentato il conto.
Dopo due mandati, Macron è un presidente che non può più ricandidarsi, non ha più una maggioranza, non ha più primi ministri disponibili, e probabilmente non ha nemmeno più un piano. Ma ha ancora una poltrona all’Eliseo. Per ora.
La nomina di governi tecnici a ripetizione, tutti rigorosamente senza una vera fiducia parlamentare, ha logorato quel poco di pazienza democratica che era rimasta ai cittadini francesi. Più che “En Marche!”, siamo ormai a “En Panne!”.
E ora? Verso l’ignoto, ma con stile repubblicano
Si parla già di nuove elezioni legislative. Ma intanto, cresce il coro di chi sussurra (e talvolta grida) che forse è tempo di fare le valigie anche all’Eliseo. Le dimissioni presidenziali sono previste dalla Costituzione, certo. Ma nessuno ha mai osato tanto.
Mélenchon sogna la rivoluzione (purché pacifica), Le Pen sogna l’Eliseo, i centristi sognano una tregua. E Macron? Probabilmente sogna una maggioranza. Ma sembra un sogno difficile da realizzare.
Un sistema che non regge più (tranne i marmi dell’Eliseo)
Lecornu se n’è andato in punta di piedi. Il Parlamento è bloccato come un vecchio software. L’Eliseo è assediato politicamente e moralmente. E la Francia si domanda: è finita una fase politica o è cominciata una vera crisi di regime?
La domanda resta sospesa nell’aria come il profumo dei croissant al mattino. Ma intanto, mentre i politici cercano soluzioni e i cittadini risposte, una cosa è certa: il macronismo ha smesso di marciare. E ora, zoppica vistosamente.
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