Wangechi Mutu: il classico incontra il contemporaneo
Anche un neofita in materia sarà rimasto colpito dalla magica bellezza delle opere e delle composizioni della maestra Wangechi Mutu che sono state esposte nella mostra ancestrale, per richiamo di colori e profumi della terra presso la Galleria Borghese.
La Galleria Borghese non ha bisogno di presentazioni: Bernini, Canova, Perugino, Lotto, Tiziano, Raffaello, Caravaggio… e certo non ti aspetti di trovare qualcosa di diverso. Invece si.
Le opere di Wangechi Mutu nelle sale romane
L’artista keniana Wangechi Mutu è riuscita ad entrare nelle sacre sale del museo di Roma con le sue opere, creando un forte contrasto tra il bianco fluttuante del Bernini e di altre sculture e il nero della terra che costituisce il richiamo tipico dell’espressione artistica di Mutu. Il bianco e il nero quindi. Ma la leggerezza è la stessa.
Suspended by time ne è un esempio. Palle create con sacchetti di plastica, spago e fil di ferro sono sospese nella sala accanto a capolavori che evocano eroismi, ideali, ordine e precisione. L’opera sospesa, al contrario, irrompe nello spazio regolare della stanza, richiamando la realtà, la verità di bambini che in Kenya costruiscono palloni per giocare con il materiale di cui dispongono, sfere che al contrario dei dipinti appesi ed immobili, si muovono con un soffio d’aria.
In un’altra area del museo galleggiano sospese due teste volutamente non perfette e non belle a contrasto con le immagini delle donne dipinte dai più illustri pittori nella galleria d’arte. Niente occhi ma fessure riempite con perle che scendono come lacrime o memorie scomode.
In un’altra sala del museo troviamo sul pavimento un tappeto macchiato di sangue. Traccia silenziosa di una possibile violenza. L’opera è installata sotto il dipinto La caccia di Diana di Domenichino, dove le donne raffigurate vengono osservate di nascosto. Il silenzio diventa pesante e rumoroso all’interno della stanza, nel fondersi delle due opere che dicono e non dicono ma sottintendono tutto.
Imponente al centro di una delle stanze la figura denominata: Throned. Sembra un trono ma in realtà si tratta di una figura che appare seduta su un trono. Un trono illusorio, nessun lusso, nessuno sfarzo: solo un’immagine di un soggetto che si pone in modo regale.
Nella stanza dove spicca in modo assoluto la statua del Ratto di Proserpina del Bernini, sono inserite tre opere dell’artista africana. Una posta in alto ricorda un immenso rosario, a indicare il ripetersi sempre uguale dei gesti sacri; la seconda scultura raffigura le teste di due donne pettinate con trecce tipiche che si guardano quasi ad evocare dolcezza e sorellanza tra donne. E l’ultima, una forma cornuta simile ad una radice, richiama le profondità della terra, i luoghi sotterranei del mondo, posti quasi magici ed esoterici.
In Poems by my great grandmother, Mutu trasforma un oggetto di uso quotidiano, una pentola usata nell’Africa orientale, quale simbolo non solo del cibo che unisce ma anche di possibili storie raccontate da una nonna mai incontrata.
Anche nel giardino, all’esterno del museo, sono collocate delle istallazioni dell’artista, come Water Woman, una sirenetta nera diversa dal solito immaginario. Ha un aspetto meno elegante e sorridente ma più profondo e avvolgente.
The grains of word è invece un’opera d’arte pavimentale con lettere scolpite nel caffè e nel tè. Il testo è ricavato dalla canzone di Bob Marley War. Riporta le parole dell’ultimo imperatore dell’Etiopia Haile Selassie che nel 1963 in un celebre discorso alle Nazioni Unite auspicava la fine di ogni discriminazione razziale. Colpisce il fatto che le frasi si trovino sopra mosaici romani che rappresentano gladiatori e animali sfruttati nei giochi come riferimento probabile ad ogni forma di schiavitù. All’esterno sono collocate due figure femminili che sembrano essere quasi mitologiche. Una sorta di vestali moderne, forse provenienti da uno spazio sconosciuto che donano riflessi di luce in tutto il
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