Truffa sui pascoli di 20 milioni all’Ue. Indagate 48 persone
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È bastato un gregge virtuale, una montagna di carte e qualche ettaro di pascolo per far muovere milioni di euro dei fondi europei destinati all’agricoltura. Un sistema di truffe che ha attraversato l’Italia come una dorsale silenziosa, dai prati del Cadore ai rilievi della Marsica, fino alle alture umbre e marchigiane. Le Fiamme Gialle di Padova, coordinate dalla Procura europea di Venezia, hanno scoperto un meccanismo complesso e rodato: contributi Ue ottenuti da aziende solo apparentemente agricole, create per aggirare i limiti di superficie imposti dai regolamenti comunitari. In totale sono 48 gli imprenditori sotto inchiesta, 17 milioni di euro i beni sequestrati e oltre 20 milioni i fondi illecitamente percepiti tra il 2017 e il 2022.
L’indagine nasce da un’intuizione
I finanzieri del Nucleo economico-finanziario di Padova, incrociando i dati satellitari con quelli dell’Agea, hanno notato che alcune aziende dichiaravano migliaia di ettari di pascolo che, a un controllo visivo, risultavano deserti o impraticabili. Il sistema era semplice e spregiudicato: le imprese si moltiplicavano fittiziamente, ognuna entro il tetto dei 500 mila euro previsti per azienda, ma tutte riconducibili a un’unica regia. Dietro, un gruppo di riferimento con base operativa nel Padovano con al vertice Ulisse e Mattia Marcato, papà e figlio, indicati come gli ideatori del sistema e ramificazioni in mezza Italia.
Il lavoro per smascherare i falsi allevatori
Gli investigatori hanno seguito il flusso dei contributi del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (Feasr): in molti casi le domande di aiuto riguardavano pascoli mai utilizzati o terreni dove non era stato portato nemmeno un capo di bestiame. I falsi allevatori si limitavano a presentare carte impeccabili, sostenute da contratti e foto artefatte, mentre gli animali restavano in stalla, in pianura, o addirittura non esistevano. A smontare il castello è stata una paziente ricostruzione iniziata nel 2020 e durata quattro anni.
Oltre mille i controlli incrociati
Veneto, Umbria, Lazio, Marche, Abruzzo e Lombardia; decine i sopralluoghi effettuati da elicotteri e droni per verificare le aree dichiarate. L’indagine, denominata Pascoli di carta, ha ricostruito una rete che utilizzava cooperative e società di comodo per ottenere fondi pubblici, spartiti poi fra i promotori. Il giornalista e scrittore Giannandrea Mencini, autore del saggio “Animali moribondi in quota, quelli sani in stalla in pianura”, aveva raccontato già nel 2021 l’anomalia del sistema. “Ho visto bovini scheletrici portati in quota solo per le foto di rito, mentre i capi sani restavano nei capannoni a valle”, spiegava. Fu proprio da quelle denunce, raccolte tra malgari e guardie forestali, che partirono le prime verifiche. Il danno stimato all’Ue supera i 20 milioni.
Il sequestro preventivo ordinato dal Gip Domenica Gambardella
Riguarda conti correnti, terreni e fabbricati intestati a imprenditori delle province di Padova, Treviso, Brescia, Macerata e Rieti. Il sistema sarebbe stato talmente ramificato da replicarsi automaticamente ogni anno, con nuove società e nuovi pascoli fittizi. L’accusa è di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, autoriciclaggio e falso ideologico. La segnalazione dei 48 indagati alla Corte dei conti è per un danno erariale di 32 milioni.
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