Quel pomeriggio di un giorno da cani per Giorgetti
Strano destino, quello di Giancarlo Giorgetti. In Italia passa per il più fedele amico di Bruxelles. A Bruxelles, invece, alza la voce e costringe il ferocissimo Valdis Dombrovskis a impegolarsi nell’ennesima supercazzola dopo che la Commissione, non paga di aver ingiunto all’Italia (e agli altri Paesi membri) di aumentare le spese per la Difesa, adesso si propone di concedere un nuovo prestito all’Ucraina. E, per di più, “garantito” dagli asset russi, quelli che sono stati “congelati” in Europa dall’inizio della guerra. E persino a Giorgetti, che sperava di aver schivato, grazie all’Ecofin, l’arrabbiatura che gli sarebbe fatalmente insorta dal confronto sulla manovra con il lider maximo Cgil, Mauricio Che Landini, l’embolo alla fine gli è partito. Son cose che non si possono sentire. Dover raccogliere denaro da dare all’Ucraina, in prestito, alla vigilia della manovra che, tassativamente, deve essere “chiusa” entro e non oltre il 15 ottobre prossimo. Praticamente, a Giorgetti, gli hanno chiesto di rifare tutti i conti e di richiuderli in cinque giorni. E, per di più, quel denaro che occorrerebbe girare a Zelensky andrebbe a essere garantito da beni che non sono nella disponibilità di chi ne dispone. Provateci voi, in banca, a chiedere un prestito portando a garanzia la casa (disabitata, per carità) del vicino. Vedete un po’ che vi rispondono. Giorgetti ha perso le staffe. E ne ha ben donde. Alla fine quei denari, dal momento che le garanzie non verrebbero mai escusse, finirebbero per rappresentare una sorta di perdita secca per gli Stati membri. Vieppiù per quelli, come l’Italia, già gravati dai paletti del Patto di Stabilità. Perciò ha chiesto almeno una garanzia “vera”. O, come eufemisticamente ha detto il titolare del Mef, “una garanzia sulla garanzia” dal momento che “cambia completamente l’impatto sui nostri conti pubblici, sul deficit e sul debito”. Dombrovskis ha pigolato: “Crediamo che questa garanzia non verrà conteggiata automaticamente nel deficit e nel bilancio”. Bontà sua. Vogliono fare la guerra, e i baltici come lui più di tutti (Merkel docet) ma il rigore, quello non deve mai venire meno. Strano destino, quello di Giorgetti. Di certo poco invidiabile. Avere a che fare con gente che vuole fare la guerra ma che non sembra aver gran senso della realtà. Il ministro ha sbottato: “Mi si chiede di essere rispettoso dei conti, delle regole che ci siamo dati. C’è una guerra commerciale, quella tra Cina e Usa, che impatta gravemente l’economia europea, che prende botte e non le dà. C’è una guerra militare in cui ci viene chiesto di farci carico dei bisogni finanziari dell’Ucraina nei prossimi due anni: 120 miliardi a carico degli Stati europei, delle finanze pubbliche europee”. Ecco, a fronte di uno scenario del genere, Giorgetti sconsolato ha allargato le braccia: “Cosa vi devo dire? Mi sembra che siano tante sollecitazioni che richiedono un approccio flessibile e strategico da parte di tutti: dei singoli Paesi nazionali, ma anche dalla Commissione Europea, altrimenti mi sembra che questi obiettivi, tutti assieme, siano un po’ difficilmente raggiungibili”. Forse sarebbe stato meglio restarsene a Roma, a sorbirsi gli sfoghi del vecchio ma rassicurante, a modo suo, compagno Landini. Sempre uguale a se stesso, uscito dall’incontro di ieri a Palazzo Chigi, il capo della Cgil s’è adontato: “E’ stato un incontro dannoso, non abbiamo avuto alcuna risposta sulle proposte che abbiamo avanzato e per quel poco che ci è stato illustrato è una manovra che porta a sbattere il Paese”. Tutto come previsto e prevedibile. Sì, forse per Giorgetti sarebbe stato meglio restarsene a Roma a sorbirsi quel brontolone di Landini. O magari quelli dell’Usb, più creativi e provocatori, che hanno chiesto il salario minimo a 2mila euro e il ripristino della scala mobile. Strano destino, quello di Giorgetti. In Italia passa per il più europeista di tutti. Ma, mai come ieri, avrebbe sicuramente preferito restarsene qui piuttosto che ascoltare le pretese di Dombrovskis e soci, più assurde persino della patrimoniale fuori tempo massimo della Cgil. Come dicono gli inglesi, e lui, tifosissimo del Southampton, li conosce bene, thank god it’s friday. Comincia il fine settimana, se ne parla in Cdm martedì.
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