L'identità: Storie, volti e voci al femminile Poltrone Rosse



Economia

Manovra, le imprese strigliano Giorgetti: “Coraggio”

Confindustria ribadisce le richieste, la palla passa alle banche

di Giovanni Vasso -


Coraggio: quello che cercano le imprese dalla manovra. Senza, a quanto pare, averlo trovato. Coraggio, quello che il governo dovrà farsi per tentare di risolvere il (vero) problema di questo risicatissimo Dpfp. Bussare alle porte delle banche e, citando i vecchi marpioni di una volta, farlo coi piedi. Se solo Giorgetti trovasse quel miliardo e mezzo, o forse due (addirittura cinque per i più esosi), che gli servirebbe per far quadrare conti, promesse e misure. Sarebbe la soluzione del rebus, una pezza che consentirebbe di allungare la coperta (eternamente corta, grazie all’Ue e al suo Patto di stabilità) di una manovra che va chiusa quanto prima. Perché, alla fine della fiera, ciò che vogliono tutti è rassicurare i mercati. Non sia mai far la fine della Francia. Eccola, dunque, la parola magica della puntata consumatasi ieri riguardo al dibattito per la manovra: coraggio. Tutti a strattonare Giorgetti. A cominciare da Confindustria. Che non fa un solo passo indietro rispetto alle richieste fatte recapitare, già in tempi non sospetti, a via XX Settembre. Otto miliardi l’anno. O morte, in questo caso dell’industria italiana. Al summit convocato ieri a Palazzo Chigi, Emanuele Orsini ha mandato il suo vice, delegato a credito, finanza e fisco, Angelo Camilli: “Da gennaio terminano tutti gli incentivi e l’industria italiana è nuda, senza strumenti per competere in uno scenario dominato da incertezza, dazi e rischio delocalizzazione”. E giù, col machete: “Come Confindustria abbiamo ancora una volta espresso preoccupazione per la mancanza, al momento, di misure forti a sostegno degli investimenti. Misure quanto mai necessarie in un quadro come quello attuale che vede una crescita prossima allo zero sostenuta principalmente dal Pnrr”. Camilli ha ribadito: “Servono otto miliardi per non fermarsi, siamo a rischio stagnazione”. E per ribadire meglio il concetto, dall’assemblea milanese di Assolombarda, Emanuele Orsini ha sganciato il siluro: “All’interno della legge di bilancio manca la parola crescita”. A buon intenditore, poche parole. Confindustria non è sola. Anzi è alla guida del corteo, senza Cgil stavolta, di chi chiede al governo di fare di più. Di mettere, appunto, un po’ di coraggio in più in questa manovra. “Il governo fa bene a mantenere l’impianto dei conti in equilibrio e a non introdurre nuove imposte, ma la prossima fase deve essere più coraggiosa”, ha detto Paolo Longobardi, presidente Unimpresa. Alleanza Cooperative chiede al governo “politiche coraggiose per la crescita”. Un altro grande tema è quello dei salari. Giorgetti, tempo fa, aveva chiesto alle parti datoriale di mettere mano alla tasca. Gli hanno risposto, più o meno tutti, rimandando al governo la questione del fiscal drag e chiedendo all’esecutivo di fare qualcosa per mettere più soldi in tasca ai dipendenti. Un problema che è molto simile a quello dell’energia: il ministro Pichetto ha riferito che, a fronte di una spesa da 70 miliardi per le bollette, la metà se ne va in oneri di sistema. Col risultato che questo Paese paga costi maggiori di quelli che richiesti in Ucraina.
Di fronte a tutte queste domande, richieste, giudizi e sfide, il ministro Giancarlo Giorgetti ha ritenuto di dover spiegare ai suoi interlocutori che “la manovra non è chiusa”. Quindi un po’ di spazio c’è ancora. Spazio al coraggio ma, soprattutto, spazio alle idee e alle necessità di un sistema produttivo che ha paura di vacillare sotto i colpi di uno scenario a tinte sempre più fosche. Non ha la minima intenzione, Giorgetti, di recedere dall’obiettivo di portare il deficit al 3% del Pil. Per di più, venerdì scorso, S&P ha confermato il rating all’Italia. Di fatto una “sfida” al governo a proseguire sulla “buona strada”. Certo, lo scenario è quello che è: la Germania è in recessione e l’essersi legati a filo doppo, anzi triplo, a Berlino oggi esige uno scotto da pagare anche agli industriali italiani. Ma Giorgetti, però, ha detto che “la manovra non è chiusa”. Che quello contenuto nel Dpfp è l’impianto, le linee guida ma che poi il resto è ancora da scrivere. Ed ecco che tornano in ballo le banche. Le interlocuzioni sono in corso. Il mondo creditizio ha scongiurato una tassa sugli extraprofitti. Ottenuto ciò, ora si può ragionare. C’è chi sogna di ricavarne fino a cinque miliardi che, su una manovra da 16 complessivi, sarebbe davvero tanta roba. I più realisti, a cominciare da Forza Italia, ritengono che con 2 miliardi ci si può già dichiarare più che soddisfatti. Su questo dossier lavora direttamente Giorgia Meloni.


Torna alle notizie in home