La Cassazione su Alberto Stasi: “Percorso positivo ma criticità residue”
Garlasco: le motivazioni degli ermellini sul ricorso della Procura contro la semilibertà
Secondo i giudici della Corte di Cassazione, Alberto Stasi sta “risocializzando” ma permangono “criticità residue” sul suo processo di reinserimento. Sono uscite le motivazioni della sentenza con gli ermellini, il 1 luglio scorso, hanno rigettato il ricorso della Procura generale di Milano contro l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza, datata 9 aprile, che concedeva a Stasi la semilibertà. Il caso fu innescato dall’intervista che lo stesso Alberto Stasi rilasciò durante un permesso premio e attorno a questo fatto si imperniò il ricorso in Cassazione.
La Cassazione su Alberto Stasi
Le motivazioni della Cassazione sul caso Alberto Stasi partono da un presupposto: “Il Tribunale di sorveglianza, muovendo dal grave delitto commesso da Stasi, ha scrupolosamente analizzato le risultanze del trattamento, apprezzando, mediante argomentazioni analitiche, logiche ed esaurienti, qui incensurabili, l’evoluzione favorevole di personalità da esse riflessa, indicativa della progressiva risocializzazione del detenuto, pienamente convalidata da tutti gli operatori penitenziari”. E quindi: “Il Tribunale ha specificamente valutato, in chiave trattamentale, l’esistenza dell’intervista, ma, dopo averne ricostruito toni e contenuto per il tramite della Direzione penitenziaria, ha ritenuto che il suo rilascio non violasse le prescrizioni al cui rispetto la fruizione del permesso premio era vincolata e non rappresentasse un fattore tale da inficiare il proficuo percorso trattamentale in atto”.
“Criticità residue”
I giudici della Cassazione hanno poi aggiunto: “Anche sul punto la decisione è immune da vizi del ragionamento logico e supera il vaglio di legittimità. Il Tribunale non ha sottaciuto, infine, l’esistenza di criticità residue di personalità, legate non già dunque all’intervista, mantenutasi nei limiti della continenza, quanto alla tendenza dell’interessato ad autoproteggersi e ad accreditare all’esterno un’immagine positiva della propria persona, in una prospettiva di recupero graduale di autostima che non può prescindere, per mantenere valore trattamentale, da ulteriori e concrete verifiche; e tuttavia, con motivazione non lacunosa ed esente da profili di incoerenza o contraddittorietà, ha ritenuto tali aspetti non di pregnanza tale, alla luce del contesto complessivo e delle risorse a disposizione del condannato, da precludere l’ammissione alla richiesta misura alternativa, comunque di tipo marcatamente contenitivo”.
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