La trappola dei fratelli Ramponi: tre carabinieri morti nello scoppio
Un agguato psichiatrico e criminale a chi serve con senso del dovere lo Stato. L’esplosione che distrugge un casolare nella campagna veronese, a Castel d’Azzano, e uccide tre carabinieri è una trappola studiata, preparata da tempo con lucidità feroce da tre fratelli che avevano giurato di non cedere la loro casa.
Quando venerdì scorso il giudice civile ordina lo sloggio dell’immobile assegnato all’asta a un altro proprietario, i fratelli Ramponi concludono che l’ora x è arrivata. Ma costa la vita a Marco Piffari, 56 anni, luogotenente del Battaglione Mobile di Mestre; Valerio Daprà, 56 anni, brigadiere del comando di Padova; Davide Bernardello, 36 anni, carabiniere del nucleo operativo Radiomobile: tre professionisti esperti caduti in una notte che avrebbe dovuto essere l’ultimo atto di una lunga procedura di sgombero. Altri quindici militari, poliziotti e vigili del fuoco, di cui quattro gravi, sono feriti.
Il casolare dei fratelli Franco, Dino e Maria Luisa Ramponi
La casa dei Ramponi – arrestati per omicidio volontario premeditato e tentato omicidio plurimo -, sessantenni agricoltori con un passato di debiti, denunce e gesti disperati, era nota agli inquirenti come un luogo segnato da anni di minacce e di follia crescente. Nel novembre del 2024, gli stessi tre fratelli si erano barricati in casa saturandola di gas e minacciando di farla esplodere.
Allora la tragedia era stata evitata. Questa volta no.
L’ordine di esecuzione era stato firmato dal Procuratore di Verona, Michele Tito, per la perquisizione dell’immobile e il recupero di materiali sospetti: bottiglie incendiarie, residui di benzina, forse ordigni rudimentali. Alle 3.15 di notte, le squadre speciali dei carabinieri e della polizia si muovono in silenzio lungo la strada sterrata. L’area era stata isolata, i Ramponi sembrano addormentati. Poi, all’improvviso, un sibilo. “Appena aperta la porta abbiamo sentito odore di gas, e subito dopo l’esplosione”, racconta un agente sopravvissuto. Sei bombole sono state collocate tra piano terra e primo piano.
L’abitazione è una camera di combustione pronta a esplodere
Il boato, sentito a 5 chilometri di distanza, squarcia la notte e fa crollare il casolare in un istante. I corpi dei tre militari sono travolti dalle macerie, schiacciati dal solaio. Altri quindici colleghi feriti. Dietro la furia dei Ramponi c’è una storia di fallimenti e rancori. L’azienda agricola di famiglia era finita in rovina dopo un mutuo stipulato con una firma falsa e debiti mai saldati. Le banche avevano pignorato la casa, nominato un custode giudiziario, fissato aste deserte e poi ribassi che avevano ridotto tutto in macerie economiche. Da allora, i tre fratelli vivevano come in un assedio. “Ci vogliono togliere la vita – gridò al mondo Maria Luisa un anno fa – tanto vale farla finita.” Aspettavano le forze dell’ordine da giorni come in una trincea e quando le hanno viste avvicinarsi hanno messo in atto la strage. La casa imbottita di gas è stata fatta brillare con una molotov come innesco. Il procuratore Tito angosciato dice: “Conoscevamo la pericolosità. Stiamo valutando l’ipotesi della strage. Ho visto una scena apocalittica”.
Resta il punto più inquietante: come è stato possibile che anche professionisti esperti siano caduti nella trappola? L’Arma aveva piena consapevolezza dei precedenti. Nel 2024, lo stesso casolare era stato saturato di gas, tanto che lo sgombero era stato sospeso. Le minacce dei fratelli erano note. Ma questa volta l’operazione è scattata di notte, nel tentativo di sorprendere i Ramponi e chiudere la vicenda senza clamore. Non è servito.
I tre si erano preparati
Avevano trasformato la loro casa in un ordigno, con le finestre sigillate e le bombole pronte. Ma il dubbio resta: come evitare che un’operazione di routine si trasformi in un omicidio di gruppo? È il nodo che scuote l’Arma, che interroga la catena di comando e le modalità operative. “Hanno agito con la massima prudenza – spiega Tito – ma la follia umana non sempre si può prevedere.” Il lutto ha attraversato le istituzioni. La premier Giorgia Meloni rivolge “il mio pensiero a chi serve l’Italia con dedizione. Le mie condoglianze e la mia vicinanza alle famiglie dei tre militari e a tutti i feriti.” Il governatore Luca Zaia ha dichiarato tre giorni di lutto e saranno celebrati i funerali di Stato per le vittime di un dovere che è sempre rischioso.
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