Il futuro del campo largo dopo le elezioni regionali in Toscana
Con i 5 Stelle al palo, l'alleanza potrebbe comportare più sacrifici che benefici al Pd
Attenzione a confondere i dati delle elezioni regionali – di Marche, Calabria o Toscana – con quelli nazionali. Il quadro politico italiano non ha nulla a che vedere con quello toscano, così come non può essere sovrapponibile a quello calabrese. Certi entusiasmi, dell’una come dell’altra parte, non trovano infatti alcuna ragione d’essere. Anche se alcune considerazioni che emergono da questa prima metà della tornata elettorale regionale d’autunno possono avere una valenza di più ampio respiro rispetto alle dinamiche squisitamente territoriali.
Il caso Lega
Per quanto riguarda il centrodestra, spicca il dato deludente della Lega che, al netto dell’aiutino ricevuto in Calabria, tende a confermarsi come terza forza della coalizione. Insomma, Vannacci non paga e, anzi, l’ampio margine di manovra lasciato al Generale sta causando crescenti malumori nel Carroccio. È però nell’altro schieramento che si registrano le tendenze più interessanti. Una su tutte: il campo largo non paga, neanche quando vince. Lo confermano anche le elezioni regionali in Toscana.
La debacle dei 5 Stelle
A ben guardare le indicazioni giunte dalle urne delle tre regioni andate al voto, l’allargamento dell’alleanza di centrosinistra al Movimento 5 Stelle non porta alcun valore aggiunto. Anzi, la sensazione è che faccia fuggire parte dell’elettorato del Pd che la percepisce come innaturale. Nel caso delle elezioni regionali in Toscana anche i seggi. I dem ne hanno lasciati sul campo ben otto rispetto al 2020, pur ottenendo praticamente le stesse percentuali. Due sono stati letteralmente regalati ai 5 Stelle che se non avessero fatto parte dello schieramento di Giani non avrebbero neanche superato lo sbarramento, del 5% per chi corre da solo, ma solo del 3 per le liste in coalizione. Il bello è che questo sacrificio assume tutte le sembianze di un vero e proprio regalo.
I dubbi sul campo largo
Giani avrebbe infatti vinto le elezioni regionali in Toscana tranquillamente senza lo scarso apporto dei pentastellati e, ipoteticamente, avrebbe trionfato anche avendoli come avversari nel centrodestra. Quanto conviene puntare a un’alleanza del genere con un partito che, oltretutto, continua a perdere consensi praticamente ovunque e che su alcune scelte si mette a fare anche il difficile? Anche perché per il resto il centrosinistra gode di buona salute. Alleanza Verdi e Sinistra ha conquistato il 7% e conferma un trend positivo.
Il risultato ‘dopato’ di Italia Viva
Anche Italia Viva è cresciuta anche se il 9% sfiorato alle elezioni regionali in Toscana rappresenta un risultato estremamente dopato che non può in alcun modo tradursi a livello nazionale. L’esultanza di Renzi deve infatti fare i conti con un aspetto tutt’altro che secondario. Casa riformista, il simbolo con il quale si è presentata Italia viva, ospitava non solo i renziani, ma anche la lista civica tradizionalmente espressione del candidato governatore. Rispetto al 2020, l’incremento delle due liste messe insieme è pari solamente a uno scarso 1,5%. Buono, ma nulla di lusinghiero, tanto più che la Toscana è la regione di Renzi.
I costi per il Pd
Certo, nulla a che vedere con il crollo generalizzato del Movimento 5 Stelle al quale Elly Schlein, pur di averlo come alleato, ha dovuto pagare anche dazio. Tridico candidato governatore in Calabria e Fico in Campania, nonostante la ritrosia di parte del Pd e dell’uscente De Luca. La domanda che circola con sempre maggiore insistenza in casa dem è: ne vale la pena?
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