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Sport

L’Italia degli stadi: quando il calcio incontra il potere

di Laura Tecce -


In Italia uno stadio non è mai solo uno stadio. È un simbolo di potere, appartenenza e futuro urbano. Dietro ogni progetto sportivo si intrecciano interessi economici, equilibri politici e sentimenti collettivi. Negli ultimi mesi due casi emblematici – il nuovo stadio della Lazio a Roma e la vicenda San Siro a Milano – hanno riportato il tema al centro del dibattito nazionale.

Il sogno del Flaminio e la sfida di Roma

Il presidente biancoceleste Claudio Lotito ha rilanciato il sogno di restituire vita allo storico Stadio Flaminio, progettato da Pier Luigi Nervi per le Olimpiadi del 1960, oggi in stato di abbandono: vorrebbe trasformarlo in un impianto moderno da 50 mila posti, interamente finanziato dal club. Ma l’amministrazione capitolina è divisa: c’è chi vede nell’operazione una grande occasione di riqualificazione urbana, e chi teme una “privatizzazione” di un bene pubblico carico di memoria e valore architettonico. La Sovrintendenza, i vincoli storici e la burocrazia rischiano di rendere il progetto un’impresa epica.

San Siro e il nuovo equilibrio del potere calcistico

A Milano, intanto, il destino di San Siro continua a infiammare il dibattito. Dopo anni di rinvii, Milan e Inter hanno presentato un documento di fattibilità per costruire un nuovo stadio nell’area del Meazza, acquistando dal Comune l’intero complesso per 197 milioni di euro. Il sindaco Giuseppe Sala, che per mesi ha cercato un compromesso tra ristrutturazione, tutela storica e interessi dei club, ha dato via libera alla vendita, approvata dal Consiglio comunale il 30 settembre scorso. È un passaggio storico: i due club potranno ora avviare la demolizione del vecchio impianto e costruire una nuova “cattedrale del calcio”, più sostenibile e redditizia.

Ma non tutti applaudono. Cittadini, ambientalisti e parte del mondo culturale contestano l’abbattimento di un luogo-simbolo del Novecento, dove si intrecciano la storia del calcio, dei concerti, della città. Inoltre, dopo il 10 novembre, sul secondo anello dello stadio scatterà un vincolo architettonico che potrebbe bloccare i lavori: una corsa contro il tempo, in perfetto “stile italiano”. In questo contesto arriva la nomina governativa di un “super tecnico”, Massimo Sessa, a commissario straordinario per gli stadi. Il suo compito: sbloccare, semplificare, velocizzare le procedure di costruzione e ristrutturazione degli impianti in vista degli Europei 2032, che l’Italia ospiterà insieme alla Turchia.

Oltre lo sport: la sfida culturale degli stadi italiani

Ma la vera partita non è solo urbanistica. È culturale e politica. Gli stadi, in Italia, raccontano il rapporto tra cittadinanza e potere, tra memoria e modernità. Il rischio, ancora una volta, è che la passione sportiva diventi terreno di speculazioni e contrapposizioni ideologiche. Eppure, se gestiti con visione, questi progetti potrebbero essere laboratori di futuro: spazi pubblici capaci di unire sport, comunità e rigenerazione urbana. Forse la sfida, oggi, non è tanto costruire nuovi stadi: è quella di costruire un nuovo modo di pensare lo sport come bene comune, non come terreno di scontro. Perché, in fondo, ogni curva e ogni gradinata raccontano la storia di un Paese che, da sempre, cerca di tenere insieme passione, politica e identità.

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