L'identità: Storie, volti e voci al femminile Poltrone Rosse



Attualità

“Siamo carabinieri. Sappiamo anche di dover rischiare”

di Francesco Da Riva Grechi -


La tragedia accaduta in un casolare di Castel d’Azzano, in provincia di Verona e che si è conclusa con la morte di tre militari dell’arma dei Carabinieri ha tutte le sembianze di una strage. Sappiamo che ci vorrà del tempo per accertarlo e nel frattempo si dovrà indagare sul loro sacrificio e su quello dei tredici feriti, tutti Carabinieri. Bisogna ringraziare il Ministro della difesa Guido Crosetto e il Comandante generale dell’arma Salvatore Luongo per aver raccolto le parole che intitolano questo articolo e aver espresso il naturale cordoglio senza retorica: “Dico sempre che le forze armate sono una famiglia ed è come perdere un pezzo di questa famiglia” ha affermato il ministro. È necessario infatti rimanere calmi e lucidi anche nei momenti più difficili e la retorica obnubila la mente. Si cercherà di esserlo anche qui. Ed il difficile consiste nell’evidente divario che si percepisce tra la disponibilità a servire lo stato fino al sacrificio della vita, che esiste con piena consapevolezza in ogni carabiniere, e le modalità con le quali il supposto stato di diritto ripaga questa famiglia per usare il concetto espresso dal ministro Crosetto.

L’assalto quotidiano contro le forze dell’ordine

Senza arrivare all’assurdo e delirante accanimento con il quale sono stati perseguitati il Generale Mario Mori e il colonnello Giuseppe De Donno, si assiste quotidianamente ad un assalto contro le forze dell’ordine che ogni giorno sono sotto accusa, pur essendo in pratica regolarmente vittime semipassive di ogni sorta di violenza, di piazza e non solo.

Guardie e ladri

E tutto questo è in pieno contrasto con gli autentici principi dello stato di diritto che deve riuscire a selezionare gli interessi meritevoli di tutela, perché bisogna distinguere le guardie dai ladri e perché chi sacrifica la vita per ragioni di servizio vale di più dei criminali, soprattutto di fronte alla giustizia. Lo stato è al servizio dei cittadini da intendere come un insieme: patria, nazione, come collettività, non come sistema per rendere tutti uguali a prescindere dal merito, dalle capacità e dalla disponibilità al sacrificio.

Riconoscere il valore personale e le differenze

Se è vero e giusto che non si deve ammettere neanche una discriminazione, è altrettanto doveroso riconoscere le differenze e il valore personale ed etico delle persone, degli appartenenti alle forze armate e ad ogni settore della vita civica. Chi tutela l’ordine pubblico non deve essere percepito come un nemico, perché questa concezione non deve esistere in un paese civile come il nostro e perché non si ricordano, nel confronto con gli altri paesi, violenze esagerate da parte delle forze dell’ordine, mentre ogni manifestazione registra decine di feriti tra gli agenti ed i militari, colpiti da parte di estremisti regolarmente impuniti.

L’adempimento dei doveri

Lo stato di diritto ha come fondamento la richiesta di adempimento dei propri doveri da parte anche dei comuni cittadini, e a tale adempimento può  corrispondere un premio o comunque un vantaggio. Coloro che invece si ritengono più “uguali degli altri” non dovrebbero avere privilegi, altrimenti lo stato di diritto non è più tale, non si cura il merito, né l’etica pubblica e si distrugge la sana competizione che deve permeare di sé la pacifica convivenza tra cittadini, sia nella vita privata, sia nella vita pubblica. Il rispetto per il sacrificio altrui è il fondamento di ogni diritto e di ogni dovere!        


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