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Attualità

Quando la  sinistra scende in piazza … scende la libertà!

di Alberto Filippi -


Udine, Italia–Israele. Dove doveva esserci sport, è arrivato il fumo.

Dove doveva esserci una festa di calcio, si è scatenata l’ennesima guerriglia urbana.

La cronaca è semplice: gruppi di “black bloc” — che ormai fanno la loro apparizione a ogni appuntamento in cui la sinistra decide di scendere in piazza — hanno trasformato il centro di Udine in un campo di battaglia, con vetrine rotte, cassonetti incendiati e un ferito tra le forze dell’ordine.

Ma al di là del fatto, c’è un concetto che si ripete, e che ormai si può considerare una legge sociologica: le manifestazioni organizzate dalla sinistra finiscono troppo spesso nella violenza, mentre quelle della destra, tanto demonizzate in passato, si dimostrano pacifiche, ordinate e rispettose.

È un ribaltamento storico.

Quella che un tempo si chiamava “forza del popolo”, nata per difendere i più deboli, è diventata oggi un movimento che pretende di imporre il proprio pensiero anche con la forza. Chi non si allinea, chi non condivide, chi semplicemente vuole restare libero di pensare o di circolare, viene insultato, ostacolato o fermato — come accade nelle manifestazioni per l’ambiente, dove gruppi di attivisti si incatenano alle strade, bloccano il traffico e paralizzano la vita di chi non ha colpe, ma solo un lavoro da raggiungere o una famiglia da portare avanti.

E non parliamo dei vandalismi “ideologici”: vernici su palazzi storici, monumenti imbrattati, sedi pubbliche danneggiate. Tutto in nome di una “giustizia” che calpesta la giustizia degli altri.

Si chiama violenza.

Si chiama prevaricazione. 

Gli ex potenti si sono trasformati in pre potenti!

E quando avviene in nome di una presunta superiorità morale, è ancora più grave.

La destra, invece, negli ultimi decenni ha dimostrato di poter manifestare in modo civile, di rispettare le regole e la libertà altrui. Può piacere o meno ciò che propone, ma lo fa senza imporre, senza distruggere, senza usare la rabbia come strumento politico.

E allora, la domanda finale è inevitabile: non è forse la sinistra a doversi oggi guardare allo specchio?

Quella che si proclamava “la voce del popolo” è diventata la mano che lo zittisce.

Da forza popolare a forza prepotente.

E la differenza, oggi, non è più solo politica — è morale.


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