Tanto hype per poco più di nulla: i conti di Giorgetti fanno felici solo l'Ue (forse)
Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni, durante la conferenza stampa a palazzo Chigi dopo il Cdm, Roma, 17 ottobre 2025.
ANSA/MASSIMO PERCOSSI
Giorgia ci mette la faccia e la leadership: sì alla manovrina. Tanto hype per poco più di nulla. Il Dpb non fa felice davvero nessuno. Forse solo l’Ue. E ora sotto la cenere del conflitto sopito sugli extraprofitti cova la brace della manovrina. Giorgia Meloni, su questo, non sarebbe mica tanto d’accordo. Né sul fatto che ci sia stato più di uno scontro interno al governo né, tantomeno, sul rimpicciolimento di una finanziaria “seria” da 18,6 miliardi. L’immagine del tavolo, ieri, è quello di una presidente che impone la sua leadership a quegli scavezzacollo litigiosissimi dei suoi vicepremier, ricondotti (entrambi) a più miti consigli. E, soprattutto, che ci mette la faccia. Su una manovra che sembrava partire sotto i migliori auspici, con il crollo dello spread e i lusinghieri giudizi delle agenzie di rating. Che sembrava legittimare (un po’ più) alte aspettative, a cominciare dalla detassazione delle tredicesime. Ma che alla fine ha partorito poco, pochissimo rispetto alle aspettative della vigilia. Una manovrina. “Venti euro in più sulle pensioni minime”, ha flautato il defilato (ma sempre centralissimo) ministro Giorgetti. Non prima, però, di essersi detto soddisfatto perché, al vertice di maggioranza dell’altra sera, non gli hanno sconvolto la manovra e la “roba” che aveva “venduto” alle agenzie di rating mentre si trovava a Washington. Prima di doversi ritirare, in fretta e furia, per il caso degli extraprofitti bancari. Ecco, su questo Meloni ha stroncato ogni polemica. Non c’era alcun intento “punitivo” rispetto alle banche ma la richiesta di restituire un po’ dei favori che hanno incassato grazie alle legislazioni più favorevoli di cui hanno beneficiato negli ultimi anni. Salvini è servito perché potrà vantarsi di aver ottenuto soldi dalle banche e la rottamazione con “108 rate in nove anni tutte uguali”, Tajani non può lamentarsi perché non si tratta di una tassa ma di un contributo volontario, o, con Giorgetti, “uno sforzo di sistema”; insomma un accrocchio che si regge su una differente costruzione verbale e semantica. Ecco, questo era il problema. Risolto (ma sempre senza ringraziarsi a vicenda, Tajani e Salvini). Si va avanti. Altro che manovra Robin Hood. Che, peraltro, a Giorgetti sta pure antipatico (lui l’ha detta più colorita) perché di Nottingham, non perdonando ancora a distanza di 15 anni quel successo del Forest per 2-0 che costò la retrocessione al suo Southampton. C’è da giurarci che gli altri ministri abbiano votato obtorto collo per i tagli alle spese dei rispettivi dicasteri per finanziare le misure della manovra. Ma tutti hanno da tirare la cinghia: l’obiettivo rimane quello di uscire fin da subito dalla procedura di infrazione e dal Patto di Stabilità. Farlo subito, per poi allargarsi domani. Lo ha fatto intendere pure Meloni parlando delle misure per le imprese. Che ammontano a quasi otto miliardi. Ma che potrebbero essere allargate se si allentassero gli standard “dell’altro livello di negoziazione”, ossia Bruxelles. Orsini, per Confindustria, ha apprezzato. Giorgetti, poi, ha specificato che i fondi per l’aumento delle spese militari (12 miliardi) arriveranno dai Btp o da Safe. Proposta la sterilizzazione dell’Irpef sopra i 200mila euro, per tutti gli altri, taglio dell’aliquota al 33%. Niente bonus libri, ci saranno venti euro in più al mese per le pensioni minime. E salirà dello stesso importo il contributo per le mamme lavoratrici, da 40 a 60 euro. Aumentano, ancora, le sigarette. “Non abbiamo aumentato le tasse ma le abbiamo ridistribuite”, ha spiegato Giorgetti. Ora, tocca solo ridistribuire la ricchezza nel Paese coi salari reali tra i più bassi d’Europa. “Non si risolve in un giorno”, ha detto Meloni. Ma “abbiamo cominciato a invertire la rotta”, ha spiegato. La manovra, anzi la manovrina, c’è ma fa contenta (davvero) solo Bruxelles.