L'identità: Storie, volti e voci al femminile Poltrone Rosse



Attualità

Schlein, allarme che divide il Pd spaventa i moderati e aiuta Meloni

di Ivano Tolettini -


C’è una linea sottile tra opposizione e delegittimazione. Elly Schlein l’ha varcata, e non per caso. Dire ad Amsterdam, davanti ai compagni socialisti europei, che “la libertà è a rischio quando governa l’estrema destra” non è una frase impulsiva, ma una scelta politica. Eppure è una scelta che rischia di ritorcersi contro di lei e contro il suo partito. Perché se un attacco del genere entusiasma una minoranza militante, finisce per spaventare il corpo moderato del Pd e l’elettorato riformista, che in maggioranza non riconosce nell’Italia di oggi un Paese sull’orlo dell’autoritarismo. Non è questione di toni, ma di credibilità. Schlein ha voluto costruire un’immagine di sé come paladina della libertà e dei diritti, ma ha usato una retorica che suona isterica in un Paese che, piaccia o no, vive uno dei periodi più stabili della sua storia repubblicana. L’Italia non rischia la democrazia: rischia la paralisi del confronto politico. Lo dicono i fatti. Giorgia Meloni governa da tre anni senza scosse, mantiene i conti in ordine, rispetta le istituzioni internazionali e tiene il Paese ancorato all’Europa e alla Nato. In questo contesto, evocare la “fine della libertà” suona come un allarme stonato, privo di riscontro nella realtà. Le conseguenze sono evidenti. All’interno del Pd, molti esponenti della corrente riformista si sono chiusi in un silenzio eloquente: non condividono la linea della segretaria, ma temono di essere accusati di sabotaggio. Ma ogni volta che Schlein alza i toni, restringe il campo. E l’elettorato centrista, indispensabile per tornare al governo, si allontana.

Il messaggio deleterio

A danneggiare la segretaria non è solo l’effetto interno. Sul piano internazionale, quelle parole hanno un peso che supera il calcolo di bottega. Dire all’estero che l’Italia non è più un Paese pienamente libero significa intaccarne la reputazione. È un messaggio che offre all’immaginario collettivo europeo l’immagine di un Paese in bilico tra libertà e oppressione. Una rappresentazione autolesionista. Nessun leader che aspiri a guidare un governo può permettersi di denigrare la propria democrazia fuori dai confini nazionali. Schlein sembra ignorare che ogni volta che esaspera lo scontro ideologico, regala alla premier la possibilità di apparire come garante della stabilità e del buonsenso. Meloni può permettersi di rispondere con un “puro delirio”, e la parte moderata del Paese finisce per darle ragione. È una dinamica già vista.

Un allarme che stanca

La leader del Pd, invece di costruire un’alternativa concreta su fisco, salari e sanità, parla di emergenza democratica e trasforma la paura in bandiera. Ma l’allarme non mobilita, stanca. Lo confermano i sondaggi: il linguaggio radicale non avvicina gli astenuti, non convince i moderati, non allarga i confini dell’opposizione. Schlein insegue la sfida con Meloni sul terreno sbagliato, quello dell’indignazione permanente, dove l’avversaria ha tutto da guadagnare e nulla da perdere. Per apparire credibile, un leader deve sapere quando parlare di pericolo e quando mostrare responsabilità. In politica, chi spaventa il Paese finisce per spaventare anche il proprio campo.


Torna alle notizie in home