Il rapporto tra giovani e agricoltura in Italia è da anni al centro del dibattito sul futuro del Paese, perché rappresenta non solamente una questione economica, ma anche sociale, culturale e territoriale. In un contesto segnato dallo spopolamento delle aree interne, dall’invecchiamento degli imprenditori agricoli e da un ricambio generazionale ancora troppo lento, l’accesso delle nuove generazioni al mondo agricolo assume un valore strategico.
La sfida
I giovani che scelgono di investire nella terra, infatti, sfidano spesso pregiudizi, vincoli burocratici e difficoltà di accesso a credito e proprietà fondiaria. Eppure, quando presenti, si distinguono per imprese più strutturate, aperte all’innovazione tecnologica e alla digitalizzazione, alla sostenibilità ambientale e alla diversificazione dei modelli di business: agriturismi, trasformazione diretta, energie rinnovabili, agricoltura sociale. Le aziende a conduzione giovanile emergono, insomma, come il principale motore di innovazione, sostenibilità e redditività, dimostrando un impatto economico incredibile rispetto al loro peso quantitativo. Ma sono ancora troppo poche.
Il rapporto Ismea
Qualche numero dal rapporto Ismea “Giovani e Agricoltura” per capire il fenomeno. Solo tra il 2018 e il 2022, la popolazione nei territori rurali si è ridotta del 3%, mentre è rimasta stabile nelle aree prevalentemente urbane. Ancora più preoccupante è il dato sullo spopolamento dei giovani (15-39 anni), che è pari al doppio, raggiungendo il 6%.
Le criticità
La tendenza demografica negativa e la conseguente marginalizzazione di molti territori agresti sono fenomeni allarmanti non solamente per le ripercussioni in termini economici, ma anche per gli aspetti ambientali, con molti terreni che rischiano di essere abbandonati o destinati ad usi non agricoli sostitutivi, con conseguente danno in termini di tutela del paesaggio rurale e della biodiversità. Tra i fattori che accentuano, scrive ancora Ismea, l’abbandono delle aree rurali da parte dei giovani, due sono molto importanti. Da una parte, lo sviluppo ancora incompleto delle infrastrutture digitali; dall’altra la carenza di servizi per la prima infanzia.
Gli aspetti positivi
Tuttavia ci sono anche note liete e potenzialmente rilevanti per le giovani generazioni poiché tra gli elementi di attrazione positivi delle aree rurali figura la presenza di un diffuso patrimonio di fattori culturali, artistici, ambientali, paeasaggistici e – soprattutto – enogastronomici, che possono creare occupazione e attivare il coinvolgimento delle fasce più giovani della popolazione. A questo background chiaramente deve aggiungersi anche l’intervento delle istituzioni. Uno di questi è senza dubbio la Banca Nazionale delle Terre Agricole (BTA), lo strumento – giunto oggi alla ottava edizione – attraverso cui Ismea valorizza e rimette in circolo il proprio patrimonio fondiario, offrendo nuove opportunità di investimento nel settore agricolo a tutti gli interessati, con particolare attenzione alle nuove generazioni.
I provvedimenti
Un provvedimento, questo, in linea con le direttive del governo Meloni e del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, per avere sempre più terra a disposizione di chi la voglia coltivare. In questa ottava edizione saranno messi a disposizione oltre 14mila ettari di terreni, corrispondenti a circa 571 potenziali aziende agricole, per un valore complessivo a base d’asta di oltre 180 milioni di euro.
A disposizione un lotto permanente
Come negli anni precedenti, la Banca delle Terre Agricole si compone di un lotto permanente, per il quale è possibile presentare un’offerta in qualunque momento dell’anno e un lotto periodico, con una procedura scandita in due fasi all’interno di una finestra temporale ben definita: una prima fase di invio della manifestazione di interesse e il successivo invito a presentare l’offerta economica per la partecipazione alla procedura competitiva.
I terreni della BTA
Nel dettaglio, il lotto permanente comprende 386 terreni, mentre il lotto periodico è costituito da 185 terreni, di cui 32 al primo tentativo di vendita, 61 al secondo e 92 al terzo. I terreni della BTA sono distribuiti su tutto il territorio nazionale, con una forte concentrazione nel Mezzogiorno: dopo la Sicilia che raccoglie da sola il 40% delle superfici all’asta, e la Toscana con l’11%, seguono infatti Sardegna e Calabria (9% ciascuna) e Puglia (7%), prima di Umbria, Emilia-Romagna e Lazio. Cari giovani agricoltori, dunque, fatevi avanti.