L’Aquila umiliata e offesa. Storie di giovani donne spiate, tradite, abusate
Una città ferita, L’Aquila. Un’altra volta. Non dal terremoto, ma da una doppia scossa morale che attraversa i suoi palazzi, i suoi quartieri universitari, le sue case in affitto. Due storie che sembrano non avere nulla in comune, ma che si intrecciano nella stessa trama di dolore: l’abuso della fiducia, la violazione della privacy, la paura delle donne.
Episodi di violenza a L’Aquila
La prima vicenda esplode in un condominio della periferia ovest, in una di quelle palazzine tranquille dove abitano studenti e giovani lavoratori. Domenica scorsa, una ragazza entra in Questura visibilmente sconvolta. Ha scoperto qualcosa di inimmaginabile: una micro-telecamera nascosta nello specchio del bagno del suo appartamento. Non un semplice scherzo di cattivo gusto, ma un sofisticato sistema di videosorveglianza capace di trasmettere le immagini in diretta. Racconta agli agenti delle volanti di aver notato un piccolo foro, quasi invisibile, dietro il vetro dello specchio. Una curiosità iniziale diventata orrore quando, smontando il pannello, si è trovata davanti un microdispositivo con antenna wireless. Gli investigatori capiscono subito che non si tratta di un caso isolato. 
Il magistrato di turno dispone una perquisizione urgente nella casa e nelle proprietà del padrone di casa, un aquilano di 56 anni, già noto per possedere diversi appartamenti nello stesso stabile. Le ore successive rivelano un quadro da incubo. Sul cellulare dell’uomo è trovata un’applicazione che consente di gestire più telecamere da remoto. Non solo quella nascosta nel bagno della ragazza, ma numerose altre installate in abitazioni diverse, quasi tutte occupate da giovani donne. 
Alcune camere erano puntate sui letti, altre sugli ingressi dei bagni. Scene di quotidianità spiata, corpi inconsapevoli trasformati in immagini rubate. Nel resto del condominio gli agenti trovano nuove microspie: nello specchio, dietro le griglie dell’aria condizionata, persino in un portalampada. Nell’auto e nel garage dell’uomo, invece, sono rinvenuti altri dispositivi ancora imballati e 80 mila euro in contanti. Da dove provenisse quel denaro, per ora è un mistero, ma gli inquirenti sospettano un collegamento con l’attività illecita di registrazione e diffusione dei video. 
Il 56enne è stato denunciato per interferenze illecite nella vita privata, secondo l’articolo 615-bis del Codice penale. Un’accusa che, se confermata, potrebbe aggravarsi qualora emergessero prove di diffusione del materiale. “Stiamo verificando la possibilità che i filmati siano stati condivisi su piattaforme online o venduti”, spiegano dalla Questura. Intanto, la paura è diventata diffidenza. “Ora non riesco più a guardarmi allo specchio”, confida una ragazza che abita nello stesso stabile. “Pensavo di essere al sicuro, invece non lo ero nemmeno nel mio bagno”.
“MI HA VIOLENTATA”
Mentre l’Aquila ancora si interroga su questa vicenda, un’altra storia, altrettanto drammatica, si consuma nelle aule del tribunale. Una giovane aquilana, poco più che ventenne, ha raccontato davanti al Gip di essere stata violentata dal fidanzato della sua migliore amica. È accaduto a giugno, in un pomeriggio d’inizio estate. La ragazza era stata invitata a trascorrere qualche ora in compagnia di amici. C’era musica, risate, un clima di leggerezza. 
Ma quando si è trovata da sola con lui, la situazione è cambiata. Secondo il suo racconto, l’uomo avrebbe approfittato di un momento di isolamento per costringerla a un rapporto sessuale non voluto. Lei ha cercato di divincolarsi, ha detto di no, ma non è servito. Poi il silenzio, la vergogna, la paura di parlare. Solo dopo giorni, sostenuta da un’amica e dai familiari, ha trovato la forza di denunciare. L’indagato, che nel frattempo è stato ascoltato in sede di interrogatorio di garanzia, nega ogni accusa. “È stata una relazione consenziente – ha detto – ed è una vendetta per gelosia”. Parole che riaprono ferite, che dividono chi osserva da fuori. Ma la giovane, davanti al Gip Marco Billi, ha confermato ogni dettaglio, con lucidità e dolore. L’udienza si è svolta con la formula dell’incidente probatorio a porte chiuse, nel rispetto della delicatezza del caso.
EPISODI A CONFRONTO
Due episodi, due realtà diverse ma unite da un medesimo orrore: la violazione della libertà femminile. Da un lato la tecnologia usata per spiare, dall’altro la fiducia tradita da chi si credeva amico. In mezzo, il corpo e la dignità delle vittime, che tornano a essere terreno di conquista, di possesso, di dominio. Nelle strade de L’Aquila, nei caffè affollati dagli studenti, si parla solo di questo. Le due inchieste sono destinate a proseguire parallelamente, ma hanno già inciso profondamente sulla percezione collettiva della sicurezza. 
La casa, che dovrebbe essere rifugio, e l’amicizia, che dovrebbe essere protezione, diventano luoghi della paura. E in questa doppia ferita, L’Aquila scopre la sua fragilità più profonda: quella di una città giovane, viva, che si rigenera ogni anno con migliaia di studenti, ma che resta vulnerabile quando si tratta di proteggere chi è più esposto. In fondo, dietro le storie giudiziarie, resta una domanda semplice e terribile: quante ragazze vivono accanto a noi, e non si sentono più al sicuro?
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