L’eredità di San Francesco d’Assisi nel Cuore nascosto del Cantico
Una profondità tutta da scoprire e un’eredità che continua a stupirci. È quella di San Francesco d’Assisi e del suo canto che diventa il più alto inno di gioia della letteratura cristiana. Nel suo nuovo libro Il cuore nascosto del Cantico (Mondadori, 2025), monsignor Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino e Foligno, ci mostra da dove nasce davvero la luce del Cantico delle Creature: dal dolore che diventa lode.
Sorrentino rovescia l’ordine dei versi e anche quello della tradizione: il suo saggio parte dalla fine del Cantico, dalle strofe su perdono, sofferenza e morte, per scoprire che proprio lì si cela il cuore segreto del testo. È una prospettiva radicale: non più un inno alla natura, ma una liturgia della fragilità. Nel panorama degli studi francescani, il volume rappresenta una delle riflessioni più originali e profonde degli ultimi anni.
Pubblicato in occasione dell’ottavo centenario del Cantico delle Creature, Il cuore nascosto del Cantico non è solo un testo di spiritualità: è un viaggio interiore nella condizione umana, nella storia del francescanesimo e nel mistero stesso della fede. San Francesco ha ispirato nei secoli interpretazioni teologiche, letterarie, ecologiche e mistiche. Tuttavia, come sottolinea Sorrentino, il Cantico è stato spesso letto in modo parziale: come un inno alla natura o un’anticipazione dell’ecologia integrale. Tutto vero, ma non tutto.
L’autore propone una chiave di lettura rovesciata: partire non dall’inizio, ma dai versi in cui il Santo canta la “sorella Morte corporale”. È lì, nel punto più basso dell’esistenza, che si accende la lode più alta. Il libro restituisce un Francesco più umano, vulnerabile, ma proprio per questo più luminoso. Il Cantico delle Creature non nacque da un’euforia naturale, ma dal fondo della sofferenza. È il canto della luce che irrompe nell’oscurità, la fede che trasforma la ferita in resurrezione.
Accanto alla dimensione spirituale, Sorrentino introduce anche un fattore storico che definisce “Fattore X”: la consapevolezza che le antiche Fonti francescane risentono dei conflitti interni all’Ordine e delle tensioni con l’autorità ecclesiastica. Alla luce di questa rilettura, egli propone una tesi sorprendente: le ultime strofe del Cantico — quelle dedicate al perdono e alla morte — non furono composte a San Damiano, come tradizionalmente si crede, ma nel Vescovado di Assisi, dove Francesco trascorse i suoi ultimi giorni assistito dai frati e dal vescovo.
Questa ipotesi restituisce centralità al legame tra Francesco e la Chiesa, spesso raccontato in chiave conflittuale. Il nucleo teologico del libro ruota attorno a un’idea essenziale: la lode nasce dalla consapevolezza della fragilità. Francesco non nega la sofferenza, non la sublima: la accoglie come parte del creato, come sorella. È una visione che dialoga con la modernità e con le ferite del nostro tempo — le guerre, la crisi ambientale, la solitudine spirituale.
L’ecologia francescana, avverte Sorrentino, non è ambientalismo poetico ma teologia dell’interdipendenza: tutto è dono, anche il limite, anche la morte. L’uscita del volume coincide con un tempo simbolico: l’ottavo centenario del Cantico e l’avvio delle celebrazioni per l’ottavo centenario della morte del Santo (1226–2026). In questo contesto, la voce del vescovo di Assisi suona come un richiamo forte all’attualità del messaggio francescano: la pace disarmata e disarmante. Non una pace strategica, ma evangelica, che nasce dall’umiltà e dal perdono. Nel mondo ferito dai conflitti, il Cantico delle Creature torna a essere un messaggio universale capace di unire credenti e non credenti.
La forza del libro sta anche nell’autenticità di chi scrive. Monsignor Sorrentino non parla da studioso distante, ma da pastore che vive nei luoghi del Cantico. La sua è una testimonianza incarnata. Il cuore nascosto del Cantico è dunque un invito a leggere Francesco con occhi nuovi: non come un’icona romantica o un precursore dell’ambientalismo, ma come profeta della fragilità redenta. Nel dolore del Santo cieco e sofferente che canta la bellezza del mondo si riflette l’esperienza di ogni uomo che, nel buio, cerca la luce.
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